Gli accordi internazionali capestro che legalizzano di fatto l’agropirateria e il regolamento della Commissione europea che farà strame della legge nazionale sull’etichettatura sono facce della stessa medaglia.
(Per saperne di più, andate qua o qui, ma leggete anche qui, quo e qua)
In nome del libero scambio si sta procedendo allegramente allo smantellamento, un pezzo dopo l’altro, di ciò che è l’asse portante della nostra capacità di generare reddito agricolo: l’eccellenza della trasformazione.
Con la complicità dei tanti volenterosi nostrani che spiegano (anzi, in verità lo dicono spesso con ditino alzato e tono saccente) come l’Europa sia un totem da adorare e a cui obbedire senza se e senza ma, pena l’essere considerati populisti, un pezzo alla volta il grande meccano dell’Italia che funziona viene smontato e svenduto.
È lo stesso schema dell’immigrazione selvaggia, senza regole, senza criterio: vale per una popolazione e un tessuto sociale, vale per una costellazione di eccellenze agroalimentari.
Diluire, assimilare, togliere ogni diversità, in nome di un grande magma indifferenziato dove chi ha le leve del potere si senta meno minacciato di perderlo.
La tecnocrazia europea che dà ordini e mette in riga, è amica di questo potere, mentre non lo è delle eccezioni, delle particolarità, delle eccellenze locali.
Dietro alle Dop, e alle Dop che hanno successo, si nasconde qualche cosa che non può andare d’accordo con questa tecnocrazia.
Difendere le Dop significa – per l’eurotecnocrazia – andare contro natura. Devono diventare solo uno svolazzo, un capriccio o poco più, un gingillo piacevole, una curiosità.
Come la piccola e media industria italiana (che è, o, meglio, era, uno degli assi portanti del nostro benessere) è (era) un’anomalia rispetto alla grande industria europea, lo stesso vale per lo straordinario mondo che c’è dietro alle Dop italiane.
Finché c’è, questo mondo crea problemi e va normalizzato in tutti i modi.
Cosa che regolarmente sta avvenendo.
Poi liberissimi tutti di considerare e proclamare l’Unione europea attuale una madre affettuosa del nostro made in Italy e mostrare un entusiasmo acritico (oltre che assolutorio), specialmente ora che siamo in campagna elettorale.
Sarò io che capisco poco (probabile), ma a me sembra che i fatti, con una certa sgradevole cocciutaggine, continuino a dire il contrario.