Senza acqua non si va da nessuna parte. E lo si capisce in situazioni nelle quali la siccità allunga giorno dopo giorno la sua coperta sulle campagne.
Soffre il mais, ma soffrono anche gli erbai a raccolta tardo-primaverile, che sono in sofferenza e perdono 10-20 cm di lunghezza rispetto a quanto dovrebbero avere se ci fossero state le piogge necessarie.
Aggiungiamoci i bacini naturali alpini che sembrano quelli di luglio e le montagne senza neve e il quadro è completo.
Nell‘immediato non si può fare nient’altro che guardare il cielo o i siti meteo. In entrambi i casi non c’è molto da stare allegri. Una volta si facevano le processioni, ma la pratica (ma non le siccità) è stata eliminata
Per i mesi a venire, quando si tratterà di irrigare per le fasi cruciali del mais, sarà veramente un grosso problema, tanto più se si manifesterà la temibile coincidenza tra odnate di calore e scarsità d’acqua. Anche qui, poco si può fare ormai.
Solo nel medio periodo si può prendere in mano la situazione. Ad esempio tenendo presente, prima di ogni decisione che riguardi la produzione foraggera, i sistemi di irrigazione o le strutture di stalla, che l‘acqua non è più un fattore disponibile sempre e comunque. Può diventare un reale fattore limitante, una merce preziosa.
Anzi, già lo sta diventando.
Tanto più in una filiera produttiva come quella del latte che di acqua (per le colture, per le vacche, per il raffrescamento delle stalle) ne ha bisogno in grande quantità.