Ecco un altro allevatore che ha smesso con l’allevamento della rimonta, andando ad acquistare sul mercato le giovani bovine che servono all’azienda.
Certo, nessuno può immaginare lontanamente di considerare l’abbandono dell’autoproduzione della rimonta una scelta per tutti. Come tante altre, del resto, che hanno a che fare con al conduzione di una azienda da latte. Sono tali e tante le variabili in gioco che ogni stalla è una vicenda a parte, una storia a sé, con i suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza.
In questo intreccio si colloca anche la questione rimonta.
Una questione che coinvolge le scelte genetiche della stalla, che ogni allevatore determina nelle scelte riproduttive e che, in caso di acquisti all’esterno, delega totalmente a terzi.
C’è una questione sanitaria, perché biosicurezza vuole che siano minimi gli accessi di altri animali dall’esterno.
Ma c’è anche la questione costi, e il costo di produzione di una manza è, per certe aziende, superiore a quanto possa essere quello di mercato.
E poi c’è la questione delle strutture a disposizione: la rimonta prodotta in casa a sue esigenze non sopprimibili in termini di spazi razionali e ad alto benessere.
Spazi, razionalità e benessere non sempre presenti in tutte le stalle, nelle quali l’allevamento delle rimonta viene relegato a recuperi di strutture, porticati, aree di recupero dove spazi e benessere sono a volte un miraggio.
Infine la questione terreni e alimenti: il carico di azoto della stalla richiede terreni, e lo stesso la produzione di foraggi: la rimonta, inevitabilmente, ne richiede una parte.
Dopo queste premesse entriamo nell’azienda di questo allevatore cremonese che da una decina d’anni ha dato l’addio alla produzione della rimonta.
Inizialmente l’approvvigionamento delle bovine necessarie avveniva in Germania, tramite importatore, per passare ad acquistare animali da stalle italiane, individuandone alcune che sono diventate fornitrici ormai abituali.
È cambiato anche il tipo di animale acquistato: prima si compravano manze che avevano già partorito, ma si è passati poi a manze a circa 8 mesi di gestazione.
Gli acquisti sono scaglionati nel tempo, mese per mese, con piccoli gruppi. Essendo animali gravidi sono posti nel box di asciutta, che agisce come una sorta di area di quarantena.
C’è poi un altro aspetto interessante legato all’acquisto della rimonta: si gestiscono gli acquisti in base alle necessità, con più o meno ingressi ogni mesi, per mantenere costante la produzione e la gestione complessiva della stalla, senza picchi o vuoti.
E i costi?
Il nostro allevatore paga le sue manze gravide dai 1700 ai 1850 euro l’una. Nel 2019 il suo costo di sostituzione era 4.26 per 100 litri di latte, che è un dato interessante se consideriamo – in mancanza di un benchmark di riferimento nazionale – quanto proposto in una ricerca dal dr. Michele Campiotti su 33 allevamenti della provincia di Bergamo – con il costo di sostituzione che andava da 2,5 euro per la stalla migliore a 12,5 per la peggiore.
Va poi considerato l’utile dato dalla vendita dei vitelli: tutte le FA sono fatte con Blu Belga, mentre le femmine nate da manze acquistate sono vendute a 40 giorni come animali da vita.
Che conclusioni trarre da questa esperienza? Come si accennava in apertura è una possibilità, che in certe specifiche circostanze può anche essere la soluzione migliore.
Voi che ne pensate?