Potrebbe essere un indizio debole, poco più che un’impressione. Ma sarebbe sciocco non considerarla, perché l’eccezionalità della situazione attuale genererà risposte e comportamenti nuovi. E nuove paure.
Già, perché dopo settimane e mesi di angoscianti proiezioni di dati di decessi, infettati, contagiati, l’immaginario collettivo globale sta aggiornando il proprio dataset di paure e angosce, e questo non possono che avere anche un riflesso sui consumi.
Soprattutto da parte di quei consumatori di Paesi che importano dall’Italia, e importano i nostri formaggi Dop che, inutile ricordarlo, sono l’architrave della nostra zootecnia da latte.
Non è da escludere – lo diceva una ricercatrice a un recente webinar – che il consumatore diventi più diffidente verso ciò che arriva da fuori e preferisca cercare sicurezza nel consumare alimenti più prossimi come origine e provenienza.
Aggiungiamoci che le cartoline dall’Italia in queste settimane, per chi guarda dall’estero, non sono rassicuranti e, a livello emotivo, possono rafforzare l’atteggiamento di diffidenza.
Quindi?
Quindi una linea di condotta prudente sarà sicuramente quella di agire per togliere spazio a queste paure nuove, con le sole rassicurazioni che possono funzionare: mostrare come il prodotto è fatto, i passaggi che lo determinano, la rigorosa tracciabilità di ogni fase, la biosicurezza senza smagliature che si persegue in maniera maniacale.
Cose da dire e cose da fare, senza eccezioni: basterebbe una pecca in una sola azienda produttrice di un circuito Dop importante, con tutte le distorsioni e gli ampliamenti che il mondo della comunicazione in era social può generare in breve tempo, per provocare effetti disastrosi.
E senza trascurare tutto ciò che è benessere, sostenibilità, pochi farmaci, temi che non scompaiono per le sopraggiunte preoccupazioni del Covid19.
Che poi non è niente di più e niente di nuovo rispetto a quanto già si fa o si dovrebbe fare. È proprio questa seconda eventualità che va eliminata.