Ci fu un periodo storico, appena oltre il Medioevo, che fu definito il periodo dell’Umanesimo. Un tempo di fermenti, di crescita, di ottimismo che aveva un elemento centrale: l’uomo. O, meglio, l’Uomo, punto più alto della creazione, capace di slanci e di coraggio, motore di idee e capacità.
E queste idee e queste capacità fecero fare un balzo in avanti alla qualità delle vita di ogni giorno, e crearono capolavori d’arte che ancora oggi tolgono il fiato.
Tra le voci fuori dal coro (insopportabile coro, per dirla nome e cognome) del politicamente corretto c’è anche quella di chi sostiene che ciò che stiamo vivendo ora è esattamente una fase opposta: siamo in pieno anti umanesimo. L’uomo non solo non è più il vertice della Creazione, ma un semplice intruso, se non peggio, che con la sua semplice esistenza toglie ossigeno, acqua, risorse alla terra.
L’orrido uomo si macchia anche del crimine più grande in assoluto: usa gli animali per il suo nutrimento.
Li sfrutta prima e li mangia poi.
Questo è il paradigma culturale – anzi, ideologico, perché non ammette mediazioni – che nutre ogni posizione contraria a tutto che è la produzione di alimenti di origine animale (gli stessi alimenti che hanno permesso all’umanità – certo, quella più ricca, quella che ora arriccia il naso – di crescere in statura, salute, qualità della vita. Guardare le fotografie dei nostri avi di un centinaio di anni fa e alla qualità della loro alimentazione per rendersene conto)
Non basta dire che a pensarla così sono quattro gatti – che non è vero – perché questi supposti quattro gatti sono ben installati in tutte le centrali della comunicazione, là dove si crea, giorno per giorno, una mentalità, un pensiero che, a furia di essere detto, ripetuto, amplificato, diventa comune e accettato, trasformandosi in cultura e comportamento.
E poi norme.
Questo anti-umanesimo, mettendo sullo stesso piano uomini e animali (e dando a questi ultimi le stesse capacità senzienti proprie dell’uomo) non troverà mai abbastanza soddisfacenti le misure di benessere animale, per parlare di cose nostre, perché alla radice non ammette l’allevamento in quanto tale.
E’ un fatto ideologico, e quando c’è di mezzo l’ideologia il buon senso resta fuori dalla porta. L’idea di allevamento come lager non potrà essere scalfita da nessun discorso, da nessuno ragionamento, da nessuno sforzo di comunicazione.
Questo è un problema da non sottovalutare, forse anche maggiore del prezzo del latte.
Perché adesso è proprio il latte ad essere sotto attacco.
Per dare voce alla verità e il buonsenso c’è bisogno di unire le forze e le tessere sindacali.
Quanto scritto è Vero, i concetti espressi sono assolutamente veri !