D’accordo, c’è ancora tempo e di acqua sotto i ponti ne passerà un po’. O, per meglio dire, saranno ancora molte le onde dell’oceano a infrangersi sulle spiagge europee e americane. Ma, ormai, il Negoziato Transatlantico (TTIP) in corso tra Unione europea e Stati Uniti sta entrando in una fase di maggiore slancio e la sua importanza anche per l’agroalimentare comincia ad essere percepita in maniera meno fumosa di qualche tempo fa anche tra i meno attenti a quel che accade nelle stanze dei bottoni internazionali.
Ebbene, per dirla in spiccioli, il trattato intende rimuovere ostacoli e impedimenti di sorta al commercio tra le due sponde dell’Atlantico. Qualche cosa che farebbe molto bene, si dice, dato che c’è chi quantifica in un +40% la crescita degli scambi commerciali e, per quel che riguarda l’Europa, potrebbero crescere le sue esportazioni verso gli Usa di un ghiotto 120%.
Bon, fin qui tutto bene. Ma proviamo a guardare un po’ sotto la coperta perché c’è anche qualche possibilità meno rosea. Rimossi tutti gli ostacoli al commercio sulla rotta transatlantica, come si potrà impedire che qualche patacca imitativa dei nostri migliori prodotti agroalimentare, a basso prezzo, arrivi sui nostri mercati? E quali, e con che efficacia, saranno le possibilità di tutela legale contro i vari SimilDop in arrivo? In una situazione di mercato interno che dire pesante è riduttivo, spalancare le porte all’ingresso di formaggi low cost non rischia di dare un’altra mazzata a un settore traballante?
Certo, rassicura che a occuparsi di questa faccenda per l’Europa ci sia anche una persona competente come Paolo De Castro, che, soprattutto, conosce bene anche la realtà italiana.
Perché il recente esempio delle sanzioni alla Russia (per citare solo l’ultimo caso in ordine cronologico) insegna che quando c’è da rimetterci senza avere nulla in cambio non siamo secondi a nessuno.
bene