A volte capita di incontrare personaggi particolari, gente che ha chiuso con l’attività, non ha più niente da chiedere o da dare a un settore in cui ha lavorato e visto tante cose scorrere lungo la corrente dei giorni, delle settimane, dei mesi.
Da questa posizione, in qualche modo privilegiata, si permette di fare commenti e osservazioni senza la minima preoccupazione di dar fastidio a questo o quello, ma solo e soltanto perché crede in quello che dice.
Ovviamente la maggior parte di quello che dice è una assortita sequenza di cazzate, che riporto unicamente per mostrare a quali livelli di qualunquismo e bizzarria può arrivare un agricolo dopo decenni di attività.
Commentando il fatto che il nostro sistema di controlli pubblici in allevamento ha il vanto di una pluralità di soggetti, una numerosità di verifiche, una quotidianità di accessi di questo o quello (dove gli uni fanno non di rado quello che hanno appena fatto gli altri, o il controllore A dice esattamente il contrario di quanto ha chiesto il controllore B ed entrambi sono in disaccordo con il controllore C, e tutto ciò comporta ore e ore perse a dar retta ad A, B e C…) ebbene, il tizio in questione, commentando il nuovo piano straordinario sulle aflatossine per la Lombardia, non è convinto.
Sentiamo.
Si considera – dice – un limite di 40ppt in azienda (ma il limite di legge non è 50 ppt?) come soglia di attenzione, il superamento della quale mette in moto una serie di altre operazioni, con ulteriori prelievi e analisi che certifichino il ritorno del latte di massa sotto questo limite.
Di fatto è già una soglia vincolante, perché impone delle azioni conseguenti.
Un po’ come se su una strada ci fosse il limite di velocità di 70 km orari e io – dice – fossi fermato e leggermente multato perché viaggio a 60. Certo, non ho superato il limite, ma magari l’avrei superato poco dopo e quindi…
Di fatto si affianca a un limite di legge un quasi-limite.
Ovviamente in tutto questo c’è il coinvolgimento dei servizi veterinari delle Asl (o come si chiamano adesso) sopralluoghi, grande spiegamento di uomini e mezzi, carta che si accumula, provette che viaggiano, laboratori di analisi che macinano ore di lavoro, magari degli straordinari, eccetera, eccetera.
Ovviamente tutto questo è anche un costo aggiuntivo che grava sul bilancio di aziende da latte stremate.
Ma davvero è una garanzia in più per il consumatore finale questa filosofia dei grandi numeri, questa ossessione alla quantità nei controlli?
Davvero ci sono più garanzie rispetto a un sistema più snello, tipo questo, giusto per fare un’ipotesi criticabilissima e sicuramente piena di lacune:
1- la cisterna del caseificio che raccoglie latte da un numero x di allevatori viene sempre analizzata per la ricerca della aflatossina M1 dallo stabilimento di lavorazione;
2- se dal controllo (che già si fa) si verifica che questo latte di massa (proveniente da x aziende) supera i 40 ppt, si va a ritroso ad analizzare il latte di massa degli allevamenti coinvolti. Magari sono tutti a 40ppt, ma molto probabilmente ce ne sarà uno che eccede e gli altri in regola;
3- si concentra l’attenzione e tutta la serie di azioni mirate (prelievi, sopralluoghi, e così via) su questo allevamento e gli altri continuano in pace, senza aggravi ulteriori di costi e analisi. Perché imporre a tutti quello che, di fatto, serve solo per alcuni?
4- il risultato di dare un latte sicuro per il consumatore è raggiunto comunque, così come è raggiunto l’obiettivo di individuare tempestivamente l’eventuale azienda che ha superato il “quasi-limite” dei 40 ppt o il limite dei 50 ppt.
5- tutto questo porterebbe a una drastica diminuzione del numero di prelievi richiesti e di costi da sostenere per i produttori, senza diminuire di un ppt, tanto per stare in tema, la garanzia per il consumatore.
Ma, ovviamente, tutte queste considerazioni, frutto di una chiacchierata in libertà, non hanno senso. La forza della nostra filiera – lo si ripete sempre – è la quantità dei controlli fatti.
E che il criterio della quantità sia rispettato non c’è dubbio. Per la sicurezza del consumatore, ovvio, ma utile anche a far girare la macchina pubblica del controllo, personale che preleva e analizza, certo non esiguo nel numero e negli stipendi da pagare a fine mese.