C’è ancora troppa rimonta nelle stalle? Probabilmente sì. Troppa, almeno, se consideriamo la cosa alla luce degli scenari attuali. Non che anche prima questi ragionamenti non avessero un loro fondamento, ma erano, per così dire, quasi facoltativi. Ora è un imperativo dettato dai nuovi scenari.
I costi di produzione sono troppo alti, e quelli per l’alimentazione sono andati a livelli da brivido, aggravati dalla diminuita produzione di foraggi conseguenza dell’estate che sappiamo. Sono troppo alti quindi per disperdere tempo e risorse su obiettivi non strategici, anzi, penalizzanti.
Ad esempio un approccio ridondante all’allevamento della rimonta, come è stato da sempre.
“Tolto il costo dell’alimentazione dei capi in latte, il costo della rimonta è quello che pesa maggiormente sui conti dell’allevamento”, sottolinea un tecnico che da tanto tempo fa assistenza nelle stalle per una nota casa genetica e questi discorsi li porta aventi dai tempi in cui apparve il seme sessato. “Ma quel che è peggio è che spesso nelle aziende non c’è la reale percezione di questo, perché ben poche, hanno una contabilità analitica fatta come si deve”.
“Noto ancora – continua – molto spesso un’attitudine di questo genere da parte di tanti allevatori: ‘Ho tanta rimonta, è vero. Però sono sicuro che qualunque cosa accade avrò sempre tutte le manze che mi servono. Non solo: Posso anche permettermi di scartare qualche vacca in più grazie all’abbondanza di manze in stalla’”.
Giusto?
“Sbagliato! Questo modo di ragionare porta a una perdita secca, sempre. Da un lato devi sostenere un costo enorme per allevare animali che non ti serviranno. E, dall’altro, abbassi l’ordine di lattazione medio della tua stalla, non rientrando nell’investimento che hai fatto con ogni bovina entrata in produzione. Che, giova sempre ricordarlo, inizia a ripagarsi solo dopo la seconda lattazione, se parliamo di soli costi alimentari. Se invece ci mettiamo anche i costi fissi e tutto il resto si arriva quasi alla terza lattazione”.
Aggiungiamo a margine che le strutture per la rimonta non sono sempre le migliori e un certo sovraffollamento fa capolino qua e là. E, cosa non trascurabile, ogni stress in questa fase ha ripercussioni sulla carriera successiva della lattifera e, addirittura, della progenie.
Dunque che fare?
“L’imperativo in una stalla da latte è ottimizzare le risorse, e quindi, in primis, bisogna ridurre la quota di rimonta nella stalla. Partendo da questo obiettivo strategico, passerò a ragionare su due scenari possibili. Se ho 200 animali in tutto, divisi tra 100 vacche e 100 animali di rimonta, con un tasso di riforma del 30%, lavorando per avere una mortalità neonatale e nelle manze nei limiti, potrò tenere tranquillamente solo 65-70 manze. In una situazione di quote produttive, ad esempio per chi fa latte da Parmigiano Reggiano, questa è la scelta da fare: avrò una quantità di latte equivalente a prima, ma un costo minore per la rimonta, meno lavoro, più spazio a disposizione, meno deiezioni da gestire”.
“Altro scenario possibile, per una situazione invece con produzione libera è quello di compensare con un aumento del numero delle vacche in lattazione la diminuzione dei capi di rimonta. Con un numero complessivo di capi in stalla sostanzialmente uguale, ma con una significativa quota di latte prodotto in più”.
Non è una questione tecnica, sottolinea in chiusura: “Il più delle volte è solo una questione di mentalità. Ma senza un controllo esatto dei costi si rischia di trascinare questa mentalità, questo approccio antieconomico, con più rimonta di quel che serve nelle stalle e più costi che non si ripagano”.