Tra i punti di forza innegabili delle stalle israeliane ci sono certamente i picchi di produzione, ma è soprattutto la persistenza della lattazione il vero punto chiave che consente di ottenere dati produttivi così importanti.
Le ragioni che stanno dietro una persistenza elevata della lattazione, con la linea che scende poco (addirittura si mantiene orizzontale o quasi dopo il picco) sono più d’una, ma sicuramente, in posizione di avanguardia, c’è la questione chetosi, in particolare della chetosi subclinica.
Proprio la forma subclinica della chetosi, poco o per nulla evidente dal normale comportamento della bovina, è, con la sua diffusione, una delle ragioni più importanti di perdita economica in azienda, andando a erodere, oltre ad altri problemi, proprio la quantità di latte prodotta nella lattazione.
Latte che potrebbe essere comunque tanto per certe bovine, ragione per cui la chetosi subclinca non viene considerata, ma potrebbe invece essere anche di più.
Ebbene, un punto in comune di buona parte delle aziende da latte israeliane è l’adozione a tappeto o quasi, in sala di mungitura, di un vero e proprio mini-laboratorio di analisi del latte che in continuo, ad ogni mungitura e per ogni bovina, misura contenuto di grasso, di proteine, di lattosio, presenza di sangue e conducibilità elettrica. I dati che esso raccoglie, inviati al gestionale, danno informazioni ad ampio raggio, tra cui preziosissime indicazioni collegate alla rilevazione della chetosi sub clinica.
Questo avviene attraverso l’analisi del rapporto tra grasso e proteine, la cui modifica è indicativa di una incipiente chetosi, ovviamente correlata a tutte le altre informazioni lavorate dal software, come la quantità di latte, il momento della lattazione, fattori predisponenti come parto gemellare, lattazione lunga, alto BCS al parto.
Fatti salvi i primi cinque giorni di lattazione, ossia la fase colostrale, nella quale i dati non sono attendibili, successivamente l’allevatore viene informato laddove ci sia la possibilità di una chetosi in arrivo.
E lo fa con un’attendibilità estremamente elevata, nell’ordine dell’80%, e senza necessità di intervenire con test su sangue o nelle urine.
Sulla cui precisione non si discute ma, come spiega Alon Arazi, Applied Research Group Manager ad Afimilk Ltd, il problema sta nel momento in cui si effettua il test per la variabilità nella circolazione (e quindi nella presenza nel sangue o nelle urine) dei corpi chetonici.
Ebbene, si è visto che i dati cambiano qualora il test sia fatto la mattina, a metà giornata o alla sera, con variazioni anche significative, tali da collocare una bovina nel novero delle chetosi oppure no solo in funzione del momento del test.
Questo non avviene con il controllo in linea del latte che fa il suo lavoro due o tre volte al giorno (in base alle mungiture) e ogni giorno, con una ricchezza di informazioni su ogni capo da cui discende la grande precisione del dato fornito e delle liste di capi sospetti da controllare.
Ma i dati raccolti alla mungitura danno importanti informazioni anche riguardo ad altre situazioni critiche, la cui tempestiva individuazione è un passaggio importante nel recupero di redditività della stalla: mastiti e acidosi ruminale subacuta (SARA)
L’allarme mastiti deriva dall’incrocio dei dati su produzione di latte, contenuto di lattosio e conducibilità elettrica, mentre per l’acidosi ruminale è il dato del grasso del latte che viene monitorato, sempre con una relazione su quantità di latte e contenuto in proteine.
Il controllo in continuo del rischio acidosi ruminale è particolarmente utile, essendo un problema legato nella sua interezza alla gestione alimentare, per tenere sotto controllo situazioni particolari, come cambi di razionamento, di trincee, di composizione della miscelata.
Il valore di queste informazioni può essere tradotto in denaro, quello che si ottiene per il latte in più consegnato e per i minori costi sanitari sostenuti grazie alla gestione anticipata del problema.