Non potevano certo mancare incontri e scambi di opinioni su come andrà il prezzo del latte prossimo venturo a Cremona, nella Fiera del bovino da latte che si conclude oggi.
Guardiamo le carte in tavola.
Cominciamo dalle produzioni in giro per il mondo e in Europa. E qui entra il gioco il fattore siccità, una variabile con cui sempre di più si dovrà fare i conti in ogni parte del globo: il cambiamento climatico in atto porta con sempre maggiore frequenza a fasi estremamente siccitose e prolungate anche in aree del mondo che sino ad oggi avevano goduto di piogge abbondanti e sicure.
È il caso del nord Europa, su cui torneremo.
Torniamo al mondo.
Torna a crescere la produzione di latte in Nuova Zelanda, player fondamentale nel determinare i meccanismi mondiali di prezzo essendo il principale Paese esportatore.
In calo invece quella australiana, per questioni climatiche, mentre continua la crescita della produzione Usa. Non si tratta di aumenti vertiginosi, ma comunque confermano una tendenza in atto verso produzioni crescenti.
In Europa?
Produzioni aumentate nel corso dell’anno, Italia compresa. Ma col procedere dell’estate Paesi come Irlanda, Francia, Germania, Olanda (ma qui c’è anche la questione fosfati che ha portato a una riduzione dei capi) hanno dovuto fare i conti con una lunga siccità che ha falcidiato i pascoli e messo in crisi il sistema produttivo. Le produzioni di latte sono diminuite e si è dovuto andare a intaccare le riserve di foraggi stoccate per l’inverno.
Due le conseguenze. Una, subito: sono diminuite le consegne di latte.
La seconda conseguenza la vedremo prossimamente: dovendo ricorrere al mercato per l’integrazione delle scorte alimentari per le mandrie, l’extra costo sarà sostenibile solo in corrispondenza di un prezzo del latte adeguatamente remunerativo. Altrimenti sarà più conveniente tirare il freno, ridurre le mandrie e attendere tempi (e piogge) migliori.
Altro dettaglio: in Italia la coda dell’estate fuori stagione ha avuto un effetto sulle consegne di latte che, se se erano mantenute alte anche in estate, quando normalmente si ha un calo (complice un andamento non estremo del caldo e una maggiore capacità nelle stalle di gestire lo stress termico) con il caldo fuori stagione hanno pagato un prezzo sulle quantità consegnate.
Ma il quadro non è ancora completo.
C’è la questione export e consumi.
Per quanto riguarda l’export europeo (continente, ricordiamolo, fortemente eccedentario nelle sue produzioni di latte) pesa molto il marcato asiatico, in primis la Cina. Qui c’è da registrare l’attivismo della Nuova Zelanda nello stringere rapporti sempre più stretti e voluminosi, sottraendo spazio di manovra alle esportazioni Ue.
Il cambio più favorevole rispetto al dollaro dell’euro dovrebbe dare comunque ossigeno alle esportazioni europea, così come il crescere del prezzo del petrolio che porterà a una crescita della disposizione all’importazione dei Paesi produttori do greggio per acquistare latte e formaggi europei.
Le possibilità di export europee sono sempre un fattore primario da considerare, perché il sud Europa (Italia, Grecia, Spagna) è uno degli sbocchi interni del latte prodotto in Europa. Una quantità che ristagna nel continente per un freno all’export inevitabilmente appesantisce la situazione di mercato.
C’è poi la faccenda tutt’altro che trascurabile dei consumi interni di latte e affini.
Ebbene, c’è di che essere preoccupati. I consumi di latte continuano a diminuire, con proiezioni veramente fosche per i prossimi anni per il settore del latte fresco, ma non stanno molto meglio anche tutti gli altri prodotti trasformati.
Nel mondo complessivamente i consumi continuano a crescere e anche l’export italiano continua a crescere, ma ha rallentato.
Queste dunque le carte sul tavolo: cosa ci si deve aspettare in termini di prezzo?
Tutto ciò considerando gli esperti prevedono una situazione moderatamente favorevole per prezzi del latte sostenuti fino alla fine dell’anno. Via via che passano le settimane però l’effetto del calo di produzione europeo legato alla siccità dovrebbe essere riassorbito dalla aumentata produzione generale legata alla stagione.
Per l’inizio del prossimo questo fatto, legato a produzioni crescenti un po’ in tutto il mondo potrebbe portare a una leggera flessione.
Osservato particolare l’export europeo e italiano in particolare. Siamo nella situazione in cui è fondamentale per un sistema che continua a produrre sempre di più che cresca continuamente. Al contrario il recente rallentamento è motivo di preoccupazione.
Altro punto critico la mancanza di armonizzazione tra andamenti di vendita finale e produzioni alla stalla. Continuare ad avere dinamiche completamente scollegate crea in ogni momento la possibilità di punti critici che si riflettono inevitabilmente sul prezzo del latte.
Una “febbre” ben riprodotta dall’andamento del latte spot.