Sono noti da alcuni giorni i numeri delle adesioni in Europa al Piano per la riduzione della produzione di latte.
Per il primo trimestre sono stati circa 52mila gli allevatori da latte che hanno aderito, con pagamento di 14 centesimi per ogni litro non prodotto. Poco meno di 13mila sono i francesi; 10mila i tedeschi; 4500 gli irlandesi; 4000 gli olandesi, per dire dei più. Gli italiani solo 921, un numero che viene quasi trascurato nei resoconti dei vari agri-magazine europei, tanto è ridotto.
Veniamo alle quantità di latte. L’ammontare complessivo della riduzione prevista dal Piano era di 1,07 milioni di tonnellate di latte e le domande del primo trimestre la hanno quasi esaurita, arrivando a 1,06 milioni di tonnellate. Sarà così di sole 11.400 tonnellate di latte il volume di riduzione rimanente per il trimestre novembre 2016-gennaio 2017 (con la domanda da presentare entro il 12 ottobre per gli allevatori che non hanno presentato la domanda per la riduzione del trimestre precedente).
Sulle 1,06 milioni di tonnellate di latte di questa prima fetta di adesioni, la Germania peserà per 286mila tonnellate, la Francia per 186mila tonnellate, poco più di 100mila tonnellate per il Regno Unito. Sarà di poco meno di 24mila tonnellate la riduzione della produzione italiana.
Complessivamente avremo in Europa una flessione della produzione pari al 2,9% nell’ultimo trimestre del 2016 per effetto della misura Ue.
Spicca in questi numeri la massiccia adesione nel nord Europa se comparata al dato tricolore.
Pur nelle grandi difficoltà in cui si trova in Italia, infatti, i 14 centesimi/litro europei sono stati molto meno appetitosi da noi rispetto ad altre zootecnie da latte lassù al nord.
È vero che queste hanno costi di produzione mediamente inferiori ai nostri, ma sono anche molto meno protette dalle bufere dei mercati.
E infatti, mentre da noi in questa crisi si piangeva, lassù si singhiozzava. L’offerta dei 14 centesimi, da noi valutata, vagliata, considerata e poi accettata solo in situazioni marginali, al di là delle Alpi è stata tenuta in ben altra considerazione.
Ci ricordiamo tutti gli irlandesi, i tedeschi, gli olandesi quando si avvicinava la fine delle quote: si dicevano pronti ad aprire i rubinetti del latte, sicuri di reggere l’onda anche se il prezzo fosse un po’ calato, inevitabilmente. E così han fatto, con l’organizzazione, il metodo, la precisione, la programmazione del nord e hanno aperto i rubinetti del latte finendo per rischiare di annegare proprio nel latte che loro stessi avevano prodotto.
E appena gli hanno gettato un piccolo salvagente ci si sono buttati a capofitto.
Proprio quel salvagente da 14 centesimi che in Italia ci si è invece potuti permettere il lusso di snobbare, grazie forse anche al nostro maccheronico e litigioso reticolo.
Un reticolo fatto di trasformatori, Dop, Consorzi, cooperative grandi e piccole, pur con tutte le falle che una tale composita aggregazione può avere (la programmazione vacillante, le strategie fumose, gli indirizzi poco chiari, le disparità tecniche, i freni burocratici), ha comunque una innegabile forza nel riparare un po’ il sistema nei momenti più difficili.
La riduzione della produzione in Europa è un altro segnale positivo che toglie nubi all’orizzonte: tutto quello che fa diminuire il latte prodotto al nord e cambia poco quello prodotto da noi è una buona notizia.