La vicenda del coronavirus ha prodotto una infinità di cambiamenti nella consuetudine di quasi tutti, in ambito sociale e lavorativo. È persino banale dirlo.
Tra le tante, una riflessione si può fare, rimanendo nel mondo dell’allevamento, su quanto è cambiato in questi giorni il sistemi di lavoro di tantissime aziende fornitrici di prodotti e servizi alle stalle.
La restrizione agli spostamenti (nelle zone rosse in particolare, ma in generale un po’ in tutto il nord Italia dove c’è buona parte della zootecnia da latte) dovuta a normative, prudenza, diffidenza, l’annullamento di ogni evento, il rinvio di ogni Fiera ha reso molto complicato per le reti vendita, così come per chi fa loro supporto tecnico, entrare a contatto con l’allevatore e viceversa.
Si è ridotta enormemente la possibilità di vedersi e parlarsi direttamente, di osservare, di stringersi mani, di entrare in ufficio, di osservare i monitor: si fa l’essenziale, si va dai clienti più stretti per ciò che non può essere rinviato, totalmente sospeso il contatto con potenziali nuovi clienti.
Certo, c’è il telefono, l’email, WhatsApp, Skype, ma servono giusto per tamponare il presente.
Il problema si complica pensando che questa situazione potrebbe durare a lungo e ci vorrà tempo prima che la normalità “di prima” ritorni.
Quindi? Quindi, e vengo al punto, credo sia necessario immaginare vie innovative ed efficaci di collegamento con clienti, vecchi e potenziali, per la proposta di prodotti e servizi, che affianchino l’ingresso reale, fisico, in azienda.
Ci sono tanti strumenti a disposizione, non è la tecnologia in genere che fa difetto.
Semmai il freno è una certa pigrizia mentale che fino ad ora ha visto queste tecnologie usate in maniera poco convinta, poco strategica, come “soprammobili” carini, ma non strumenti per costruire un rapporto durevole, efficace, continuativo.
Non è una cosa che si improvvisa. Essere veri ed efficaci anche senza essere presenti fisicamente dall’allevatore è sfida difficile, ma l’attualità l’ha resa urgente.
Serve un lavoro di costruzione paziente, giorno dopo giorno, di una credibilità, di una vicinanza, di una collaborazione con la platea di coloro a cui ci si rivolge. Con contenuti, con argomenti, con idee, con stimoli, con continuità, accattivando. Va fatto con metodo, con professionalità. Come con metodo e professionalità si fa la visita ad un cliente o a un possibile cliente.
Se il contatto si sposta dalla dimensione fisica a quella immateriale, diciamo social per capirci, la credibilità “immateriale” conta quanto quella che ci si è costruita in visite in allevamento, in strette di mano, in chiacchierate tutti pigiati in ufficio.
È avvantaggiato chi è partito prima per questa via di rapporto parallela. Che non ha un suo modello standard: va esplorata, intuita, tentata, provata e riprovata. Di certo però non può essere ignorata.