Difficile fare previsioni sul prossimo futuro del mercato del latte, specialmente in una situazione di cambi epocali – a livello geopolitico, climatico, sociale – come questa. Eppure ci sono segni interessanti, e anche preoccupanti per certi versi, che potrebbero interessarci, come Italia e come Europa.
In estrema sintesi: attenzione all’India.
Ce lo spiega, come anticipato ieri, il dr. Alberto Menghi, ricercatore del CRPA di Reggio Emilia.
Perché dobbiamo guardare all’India?
Sappiamo che l’India è uno dei maggiori produttori di latte al mondo, anche se deficitario rispetto ai suoi fabbisogni. Questo fino ad oggi. Perché l’India ha messo in moto un solido piano di incremento che la porterà, in 25 anni, a triplicare la sua produzione di latte. Questo ambizioso progetto, ma con basi molto solide, è stato annunciato al recente World Dairy Summit, tenutosi nello scorso settembre proprio in India, e non per caso.
Triplicare la produzione in 25 anni, per un Paese che ora produce 210 milioni di tonnellate, significherà arrivare a 630 milioni di tonnellate di latte prodotto. Ora l’India copre il 24% della produzione mondiale di latte. Tra 25 anni arriverà a quasi la metà della produzione mondiale di latte, circa il 45%. Tutto ciò in un Paese che al momento è deficitario, ma a questi ritmi di crescita presto coprirà interamente i suoi fabbisogni e si affaccerà sui mercati dell’export, diventando un player di rilievo globale, tanto più se riusciranno a fare prodotti come Cheddar e polvere di latte, di facile commercializzazione.
Certo, ci vorrà tempo, ma non così tanto per cominciare a vederne gli effetti. Triplicare la produzione in 25 anni significherà arrivare già tra 7/8 anni ad avere un raddoppio delle produzioni attuali, che sono – ricordo – il 24% della produzione mondiale di latte. Tutto ciò non potrà non avere un impatto sul prezzo mondiale del latte, che è definito da domanda e offerta e sappiano che bastano quantità relativamente piccole rispetto alla produzione complessiva per avere effetti sul prezzo.
Ora il prezzo di mercato del latte è influenzato dall’offerta di Europa, America e Nuova Zelanda, ma presto si dovrà considerare anche l’offerta indiana…
E qui si apre un capitolo complicato. L’Europa, ma anche gli Usa o la Nuova Zelanda, stanno molto spingendo per ridurre le emissioni dagli allevamenti. In tanti altri Paesi emergenti nella produzione di latte, però, questa esigenza è molto meno sentita. Anzi, per nulla. Mi riferisco all’India, a cui abbiamo accennato prima, che mette come priorità dare cibo alla sua popolazione, ma non solo”.
Questo cosa significa?
“Costi di produzione differenti, inevitabile. Più alti per gli uni, che spingono per ridurre le emissioni dagli allevamenti; più bassi per gli altri, che spingeranno verso la massima produzione.
E il prezzo del latte come reagirà?
Qui viene il punto critico. Abbiamo visto prima come il prezzo mondiale risentirà sempre più delle offerte di latte sul mercato di Paesi per nulla interessati a politiche di contenimento delle emissioni e poco o per nulla inclini al dialogo su questo tema. Ciò si tradurrà, inevitabilmente, in un prezzo mondiale del latte molto vicino ai livelli “indiani”, per capirci, piuttosto che a quelli europei, se i quantitativi di latte messi sul mercato torneranno ad aumentare. Saranno le quantità offerte a fare il mercato e il prezzo di riferimento per le industrie di trasformazione che hanno bisogno di latte. E che non potranno permettersi di andare molto oltre nei pagamenti anche nei loro Paesi, anche con produttori con costi maggiori per via delle politiche ambientali di contenimento delle emissioni, per non essere fuori mercato.
Costi europei e prezzi del latte indiani?
Potrebbe. Speriamo di no, ma è una possibilità da non sottovalutare. Ed è uno scenario abbastanza preoccupante per la tenuta del nostro sistema di produzione se il tema delle emissioni diventerà ancora più stringente in Europa.