Sono tempi in cui gli alimenti di origine animale si trovano spesso ad essere visti con un certo sospetto dal consumatore. C’è un rumore di fondo, una sorta di tam-tam metropolitano robusto, che insinua dubbi.
Dubbi sulla salubrità, sulla sicurezza, sui possibili residui, sulle modalità di allevamento.
Poca scienza, molta approssimazione, efficace comunicazione fanno presa facilmente su un consumatore distratto e poco informato.
Il latte ha da tempo perso la fiducia cieca di cui godeva come l’alimento perfetto.
Sempre per le considerazioni di cui sopra, c’è chi sempre più lo guarda in controluce, sospettoso di trovarci nefandezze di ogni tipo.
Considerando che il latte è una miniera biologica, basta cercare e si trova quasi tutto, estremizzando. E quindi, in malafede, si può sostenere di tutto, se si ragiona estraniandosi dai numeri.
Ossia da quel principio elementare che nulla fa bene o fa male ia prescindere: è la quantità che fa la differenza.
Bene, proseguiamo.
Ancora molto nelle retrovie tra le cartucce pronte a essere sparate dai No Milk c’è anche la questione estrogeni.
La presenza di estrogeni è normale nel latte vaccino. Tuttavia recentemente preoccupazioni sono state sollevate riguardo a possibili pericoli per il consumatore quando la presenza di questi estrogeni è elevata.
Questo avviene verso la fine della lattazione, in corrispondenza con lo sviluppo finale del feto e della placenta.
Che dire? Niente, se non vedere i risultati di uno studio molto recente dell’Università di Lubiana, nella vicina Slovenia, riportato dal Journal of Dairy Science.
Detto studio ha valutato gli effetti del consumo di latte a diversi contenuti di estrogeni (sia con presenza naturale che con quantità aggiunte) su topi adulti, maschi e femmine.
In particolare lo studio ha valutato come differenti concentrazioni di estrogeni nel latte condizionassero: il livello plasmatico di estrone e di 17-beta-estradiolo, lo sviluppo uterino nelle femmine; il livello di testosterone, il peso dei testicoli e delle vescicole seminali nei maschi.
I gruppi di topi erano suddivisi in base alle quantità di ormoni ricevute con il latte, passando da quantità di estrone e 17 beta estradiolo paragonabili a quelle presenti nel latte di una bovina gravida a quantità aumentate di 10 e 100 volte.
Solo in questo ultimo gruppo si sono visti effetti in termini di elevata presenza di estrogeni nel sangue, aumento del peso uterino nelle femmine e diminuzione del testosterone nel sangue per i maschi.
Come fa notare uno dei responsabili della ricerca, si tratta di quantitativi enormemente superiori ai livelli fisiologici di estrogeni nel latte bovino, quindi estremamente improbabili da riscontrare.
Da qui la conclusione – espressa dagli autori – che gli estrogeni nel latte, anche se relativi alla produzione di bovine nel terzo trimestre di gestazione, presentano una concentrazione troppo bassa per avere un qualsivoglia effetto indesiderato sul consumatore.
Insomma, assoluzione con formula piena. Da tenere presente, quando prima o poi qualcuno tirerà fuori dal cilindro la questione del pericolo estrogeni nel latte vaccino.
Con una postilla.
Avendo questi estrogeni un uso anche farmaceutico, e potendo facilmente separare in stalla il latte munto da un certo gruppo di animali, si potrebbe anche immaginare di crearsi una produzione di ultra-nicchia (ad esempio quella delle sole vacche prossime al parto, magari destinate alla riforma, per le quali non fare l’asciutta: meno latte fanno meglio è, è più concentrato) di latte ad alto contenuto di estrogeni, da avviare a qualche laboratorio farmaceutico.
La bovina da latte è un animale generoso: sicuri che quello che può dare siano solo alimenti?