Nel 1966 i Dik Dik sognavano la California. Non facevano minimamente riferimento, per strano che possa sembrare, alla produzione di latte di questo Stato dell’Ovest; nemmeno potevano vaticinare come, sempre qui, sarebbero andate le cose dopo cinquant’anni.
Invece oggi sappiamo, grazie uno studio dell’Università della California, Davis, riportato dal Journal of Dairy Science, che l’impronta ecologica della produzione di latte californiana, ossia l’impatto che essa ha in termini di sostenibilità, è drasticamente diminuita dal 1964 al 2014, periodo dello studio.
Con il crescere della produzione, con il miglioramento dell’efficienza degli allevamenti, si riduce infatti anche l’impatto ecologico dell’unità di latte prodotta, che sia essa un bicchiere o un quintale.
Questo succede un po’ dappertutto nei Paesi a zootecnia avanzata e questo è stato dimostrato in California da questo studio che ha valutato il progresso in tal senso della produzione negli ultimi 50 anni.
Nel 1964 in California la media di produzione annua per capo era di 49 quintali. Sono diventati 107 nel 2014.
E il numero delle vacche? 790 mila nel 1964, 1.781 milioni cinquant’anni dopo.
In particolare le emissioni di gas serra prodotte per unità di latte dal 1964 al 2014 si sono ridotte di oltre il 45 per cento grazie alla maggiore efficienza nella produzione di latte, segnatamente con il miglioramento della efficienza riproduttiva, della nutrizione, del comfort e della gestione complessiva della stalla.
La quantità di acqua utilizzata per unità di latte prodotta è diminuita di oltre l’88%, grazie a una maggiore efficienza di utilizzazione e a risparmi nelle produzioni foraggere.
Come documentato dallo studio, oltre il 40% degli ingredienti dei mangimi da latte in California deriva da sottoprodotti di altri processi di produzione agricola e alimentare, non adatti per il consumo umano. Di conseguenza, quasi la metà dei mangimi necessari per produrre latte californiano, che rappresenta circa il 20% di tutto il latte degli Stati Uniti, viene fornita senza la necessità di una sola goccia di acqua aggiuntiva.
Tutto ciò cosa insegna?
Per chi sa leggere con realismo – e non con le lenti del pregiudizio – che allevamento e tutela dell’ambiente possono procedere insieme, con vantaggi reciproci.
Senza trascurare poi il dettaglio apparentemente insignificante per i duri e puri dell’animalismo che produrre cibo è cosa, fino a prova contraria, che solo agricoltura e allevamento possono fare a prezzi ragionevoli e per le tasche di tutti.