Gestire una crisi di comunicazione: pensate che sia facile? No di certo.
Magari non capiterà a tutte le aziende che allevano animali, probabilmente capiterà a poche, forse a pochissime, ma sicuramente non c’è azienda che possa ritenersi totalmente al sicuro da un’incursione di chi sappiamo, con tutte le conseguenze del caso: denunce addolorate, scandalizzate, indignate, gogna mediatica e via dicendo.
Inutile giraci intorno: un allevamento attira certe anime belle come il miele le mosche. e, altrettanto vero, come ogni attività complessa che si snoda in una gran quantità di intersezioni, di ambiti, di situazioni spesso in cambiamento continuo, è praticamente impossibile avere sempre, tutto, perfettamente fotografabile, filmabile, presentabile.
Basterebbe il buon senso per spiegarlo, in tempi normali. ma questi sono tempi un po’ così, dove la comunicazione si tira come un elastico e la si fa arrivare – o colpire – spesso come e dove si vuole.
È così, credo, sarà così ancora di più in futuro.
Ebbene, tornando al punto, siamo attrezzati per gestire, sul piano della comunicazione, o, meglio, della contro-comunicazione, una situazione del genere?
Meglio allora avere un metodo.
Come per l’airbag dell’auto, che nella stragrande maggioranza dei casi non sappiamo nemmeno se ci sia veramente, dato che resta lì tranquillo al suo posto senza essere chiamato in causa, ma comunque – un metodo, come l’airbag – meglio che ci sia.
Cominciamo dal primo consiglio: avere un piano.
Che significa?
E’ assai difficile mettere insieme qualche cosa di sensato sui due piedi, mentre si è nel pieno del frullatore mediatico. Non c’è la freddezza per ragionare, si rischia di fare e parlare a sproposito e fare più danno che utile, perché, come si dice nei film tutto ciò che si dice potrà essere usato contro di noi. E non c’è niente di peggio che parlare sull’onda dell’emotività o, peggio, della rabbia, per giusta che sia.
Meglio, molto meglio, fare prima, immaginare una situazione che potrebbe avere luogo e a tavolino predisporre le contromisure comunicative più sensate, permettendosi il lusso di limare, cambiare, aggiustare finché troviamo la via migliore da percorrere.
Un piano di azione, pronto da usare al bisogno, per fare realmente l’interesse dell’azienda e non reagire d’impulso.
Già, ma non è così facile districarsi tra tutti i meandri e le zone oscure della comunicazione, con i suoi effetti, le sue trappole, i suoi scherzi. Meglio allora – consiglia, anche se qui si può immaginare una certa posizione di parte – appoggiarsi a un esperto di comunicazione per definire con lui questo piano.
Dunque – e ci fermiamo qui – primo step per affrontare una crisi di comunicazione: avere un piano.