Ha ancora senso trattare un unico prezzo del latte?
Perché non è la scala per il paradiso che cantavano i Led Zeppelin in Stairway to Heaven. Piuttosto è diventata ormai una scala verso la commodity o, meglio, il latte commodity o, meglio ancora, il latte italiano commodity.
Questa scala verso la commodity, questa direzione unica, questa via larga che si fa sempre più stretta e con le pareti sempre più alte in modo da imbottigliarci tutti e rendere inevitabile l’epilogo finale è il prezzo unico del latte.
Un unico prezzo del latte cosa altro significa, praticamente, se non che il latte è uno solo?
E se il latte è uno solo, se il latte è “solo latte”, che differenza passa con il latte mondiale? Sono i fatti a dirlo, anche quelli più recenti: nessuna. E il prezzo di riferimento si comporta di conseguenza.
Ma un’unica quotazione del latte ha un altro effetto: spinge a una obbligata omologazione i produttori, che dovranno per forza di cose adeguarsi e cercare ogni via per ridurre il costo di produzione e stare dentro – sempre più stretti e sempre più a fatica – quella soglia di prezzo.
Di fatto il sistema non spinge al miglioramento, ma alla omologazione verso il basso.
Cosa che non avverrebbe con più quotazioni del latte, distinte per categoria (chiamiamola così) in base, ad esempio, alla destinazione: latte alimentare, latte da formaggio fresco, latte da formaggio stagionato, latte speciale (ad esempio arricchito con questo o quello). Altri suggeriscono categorie più mirate a determinati tipi di razionamento e alimentazione, a certe materie prime usate o non usate, a livelli differenti di equilibrio con il territorio, alla sostenibilità, alle emissioni.
Sia quello che sia, quello che conta è il criterio. Differenziare, spezzare la morsa del prezzo unico di riferimento per ogni tipo di latte.
Avendo davanti uno scenario di questo tipo si avrebbe più chiarezza per chi produce, che potrebbe orientare la sua produzione in una direzione precisa, che lo allontanerà sempre di più dalle altre.
E ci sarebbe una minore spinta verso la quantità tout-court, che nei fatti è ancora l’unica cosa che paga in uno scenario di latte commodity.
Quello che è certo che parlare di prezzo del latte, o, ancora, definire un prezzo del latte di riferimento unico e valido urbi et orbi è una cosa ormai antistorica, che alla lunga penalizza chi il latte lo produce.
È una scala che gradino dopo gradino – parafrasando i Led Zeppelin – porta inesorabilmente al latte commodity.