Sicuramente la sostenibilità ambientale, ma anche economica, di una stalla da latte dipende anche dalla sua produzione foraggera. Tanto più in montagna, quando spesso questa è l’unica possibilità di produrre alimenti per le bovine.
E’ una questione di quantità, ed è una questione di qualità.
Aumentare la quota proteica autoprodotta è un passaggio importante e questo passaggio chiama in causa l’erba medica, da sempre la regina della produzione proteica foraggera.
Ma al medicaio fa bene la montagna? Forse sì, ma non è così semplice. Il problema del medicaio di montagna è infatti l’esaurirsi della sua produttività nei primi 2-3 anni di vita.
Detto ciò, si può allungarne la vita produttiva? Una sperimentazione recente nell’ambito del Parmigiano Reggiano è istruttiva in tal senso.
L’obiettivo primario della sperimentazione era proprio quello di allungare la vita produttiva del medicaio, individuando combinazioni di varietà particolarmente adattate alla montagna. Si sono così recuperati ecotipi di medica da medicai locali e la cosa interessante è che si avevano produzioni sostanzialmente simili, ma variava la durata negli anni del medicato.
Un altro dato importante che è stato considerato riguarda la fattibilità di potenziare la produzione proteica della medica.
In particolare è stata verificata la possibilità di trasemine su sodo di miscugli di leguminose (trifoglio pratense, trifoglio bianco e ginestrino) su medicai degradati, per ripristinarne la capacità produttiva, in particolare il mantenimento di una frazione importante di leguminose, evitando il sopravvento delle graminacee dei prati vecchi (si può vedere, nella prima foto, un cotico traseminato, e nella seconda un cotico non transeminato)
A questo riguardo si è notato che i risultati migliori si sono avuti nelle situazioni di cotico più degradato, con terreni più poveri dove non si è intervenuto con letamazioni o liquamazioni, che portano le graminacee ad avvantaggiarsi sulle leguminose.
Grazie alle trasemine l’operatività del medicaio arricchito si può allungare fino a 6-7 anni.
Ovviamente la maggiore quota proteica ottenibile dai prati di montagna non è solo una questione di essenza foraggera, ma anche di tecnica adottata.
Ad esempio sulla tempistica di sfalcio: per la medica questo deve avvenire ai primissimi fiori visibili, non oltre, per avere la migliore qualità possibile della fibra e un contenuto proteico praticamente paragonabile a un mangime.