Certo, dovesse farlo ora, Marlon Brando in Ultimo tango a Parigi magari ci ripenserebbe riguardo al burro e opterebbe per qualche succedaneo di minore valore.
Già, perché è in atto una corsa al burro che sta spingendo le sue quotazioni a livelli mai visti.
C’è una domanda mondiale di burro che sfiora la frenesia e spinge, di conseguenza, verso l’alto l’asticella del prezzo.
Cosa è cambiato, improvvisamente, per dare questa sterzata al burro?
Un nesso c’è sicuramente con il precipitare della popolarità dell’olio di palma.
Secondo elaborazioni Coldiretti su dati Eurispes, le importazioni di olio di palma per uso alimentare sono diminuite in Italia del 41% nei primi due mesi del 2017 (dopo essere più che raddoppiate negli ultimi 20 anni raggiungendo nel 2016 circa 500 milioni di chili), con sei italiani su dieci che evitano di acquistare prodotti alimentari che contengono olio di palma.
Questo ha portato un numero crescente di imprese dolciarie ad escludere olio di palma dai loro prodotti e a evidenziare questa scelta nelle promozioni pubblicitarie.
Un vuoto che è stato riempito dal burro.
Le quotazioni del burro alla produzione in Italia a maggio sono quasi raddoppiate con un aumento di circa il 90% rispetto allo stesso periodo del 2016 alla Borsa di Lodi, secondo rilevazioni Coldiretti.
Nel resto del mondo la corsa al burro non va diversamente: i consumi di burro sono cresciuti del 7% negli Stati Uniti, del 5% in Argentina e del 4% in Asia come in Australia nel primo trimestre del 2017 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, secondo analisi della Coldiretti su dati Clal.
La corsa al burro trova anche un via libero sempre meno timoroso dai nutrizionisti, che stanno rivedendo in senso critico tante posizioni apocalittiche su colesterolo e dintorni.
Non solo: la produzione di dessert, creme, spalmabili di ogni ordine e grado è vivace e viene vista come via per contrastare il calo dei consumi di latte liquido. E dove c’è crema c’è grasso, non ci si scappa.
Sarà da osservare con attenzione questa fuga del burro per capire se sarà in grado – come certe fughe ciclistiche – di trascinare anche tutto il resto con un effetto duraturo sul prezzo del latte.
Prezzo del latte che vede il latte spot effervescente da un po’ di settimane e in tre mesi ha guadagnato 4 centesimi, passando da 37 a 41. Il prezzo del latte spot è in genere un buon anticipatore di tendenze, anche se enfatizza molto verso l’alto e verso il basso.
Infine, considerando il peso che l’industria dolciaria italiana ha nel mondo e i volumi del suo export, agganciarci con accordi di filiera un burro Made in Italy come “plus” tra i suoi ingredienti (da reclamizzare con enfasi uguale e contraria rispetto all’olio di palma) dovrebbe essere una nicchia di mercato da valutare con attenzione.