Un’analisi di Unioncamere sul tema della Green economy mostra come quasi la metà delle imprese agricole con dipendenti, negli ultimi tre anni si sia impegnata nello sviluppo e nell’implementazione di metodi e tecnologie volti alla riduzione dei consumi di energia e acqua. E anche per il prossimo triennio, 10 aziende su 100 dichiarano di volere realizzare investimenti in tecnologie ambientali.
Mossa intelligente e lungimirante, perché il tema della sostenibilità della produzione sarà al centro di ogni processo, compreso quello di chi produce latte.
Dall’obiettivo della sostenibilità non si scapperà e ad esso ci si dovrà adattare, per amore o per forza. Questo perché sarà sempre più attenta l’osservazione dei vari centri di controllo ed erogazione fondi su quanto un’azienda fa (o non fa) in termini di consumo d’acqua, impronta di carbonio (ossia emissione di gas che alterano il clima, come anidride carbonica, metano e protossido di azoto), consumo energetico, acidificazione delle piogge, eutrofizzazione delle acque.
Ogni litro di latte prodotto in azienda verrà idealmente valutato anche per questo e, c’è da scommetterci, sia sul versante dei finanziamenti che su quello delle sanzioni più il latte sarà green, meglio sarà.
E non è detto che sia un male.
Non solo per una questione di immagine, ma anche di sostanza: produrre in maniera più rispettosa per l’ambiente può rivelarsi anche più vantaggioso per il portafoglio. Certo, richiede una riconversione (strutturale, ma anche mentale) che, specie la seconda, non sempre si ha la capacità (e l’umiltà) di affrontare.