Ma, insomma, questo latte c’è o non c’è? Scaffali vuoti ai supermercati e, tuttavia, richieste di ridurre la produzione alle stalle.
Decisamente c’è di che alimentare dubbi e sospetti, tanto più con la consueta aggravante del latte importato.
Lungi da me dispensare verità, perché non ne ho e soprattutto in tempi come questi dove arriva il Cigno nero che sconvolge tutto e tutti; ma un minimo di analisi bisognerà pur farla.
Ebbene, un primo punto: c’è la produzione di latte, ma questa, quando è riversata nella produzione prende poi strade diverse che difficilmente comunicano e, ancora più difficilmente, sono riconvertibili con facilità, tanto meno dalla sera alla mattina.
C’è il giro della caseificazione Dop, quello della caseificazione non Dop, quello del latte fresco, quello del latte UHT, quello dei formaggi freschi.
Che si voglia o no, quando ci si lega a un’industria che ritira il latte, ci si lega anche alla sua specializzazione produttiva. Se la sua produzione esclusiva, per dire, è mozzarella – o altro prodotto fresco e freschissimo – una situazione come questa è drammatica.
Idem per chi è inserito nel filone del latte fresco.
Ed è proprio per la filiera del fresco che sono arrivati momenti drammatici, perché di colpo le aziende produttrici si sono trovate gli ordini azzerati dalla Distribuzione.
Per dire, non è che il piccolo caseificio aziendale, in questi giorni di lockdown, è in condizione differente.
Chi fa ore di coda al supermercato compra roba a lunga durata, latte Uht, formaggi, roba che duri nel tempo, perché l’ultima cosa che desidera è tornare troppo presto a fare la spesa.
Così si vedono spazzate via le quantità di latte Uht, lo scaffale è vuoto, ma al contempo il latte è troppo agli impianti, che non possono riconvertirsi in quattro e quattr’otto da una linea di prodotto fresca all’altra. Anzi, a volte non possono proprio: se l’impianto industriale è fatto per fare robiole o mozzarelle, i cui ordini sono azzerati dalla Distribuzione, non può certo mettersi a fare latte Uht con il latte che gli arriva.
Diverso il caso di certe realtà cooperative dove si fa un po’ di tutto su un’area ristretta, nel quali lo spostamento dei quantitativi di latte dal fresco al caseario è forse un po’ più gestibile. Ma certo non dalla sera alla mattina.
In tutto ciò, ovviamente, c’è la questione delle importazioni di latte e derivati, ma non è certo questo il punto critico che ha fatto saltare il banco, per il semplice fatto che c’erano anche prima e, in queste settimane, non è così facile organizzare un sistema di rifornimenti regolare in giro per l’Europa. Ci sarà anche il latte, ma non ci sono tutti questi autisti desiderosi di entrare in un’area “appestata”.
Per questo trovo ragionevole la richiesta di abbassare le produzioni, per dar modo al sistema di gestire l’onda anomala. Poi ovviamente ognuno può pensare che tutto si possa risolvere chiudendo il Brennero. E’ un pensiero classico, come un vestito blu: lo si può tirar fuori in ogni occasione.