È previsto per domani alle ore 9,15 presso la sede dell’Accademia dei Georgofili a Firenze, la presentazione del “Progetto Agrochar. Biochar, Compost ed aree del Mediterraneo: sinergie ed opportunità per contrastare i cambiamenti climatici”.
Di cosa si stratta?
“Il progetto Agrochar – spiegano i Georgofili – intende affrontare in modo innovativo il tema della valorizzazione del digestato da impianti di digestione anaerobica, per renderlo un prodotto collocabile sul mercato agricolo, realizzando così le condizioni per un’economia circolare e sostenibile in ambito agricolo ed agroindustriale. Non solo un recupero di valore economico, ma anche ambientale, con restituzione di carbonio al suolo in terreni sempre più impoveriti.
La gestione del digestato, data l’ambiguità normativa in attesa di chiarimenti conclusivi, è infatti in molti casi un elemento di criticità e fonte di costo per le aziende agricole che operano un impianto per la produzione di biogas/biometano, in particolare nei casi (aree) in cui il suo spargimento sul terreno risulti di difficile attuazione a causa dei vincoli legati ai nitrati nel suolo, nonché a criticità legate agli odori ed alla preoccupazione presente nella popolazione, di spargimento di microorganismi e tossine pericolose per la salute umana.
In un tipico impianto di taglia attorno al MWe, i costi di gestione possono oscillare tra i 50.000 ed i 70.000 €/anno, rappresentando quindi una voce rilevante delle attività agricole connesse alla digestione anaerobica. Il digestato rappresenta invece, come noto, una risorsa anche dal punto di vista ambientale, oltre che economico, in quanto consente di riportare nel suolo quei nutrienti naturali disponibili in uscita dall’impianto, contribuendo alla fertilità dello stesso: il suo reimpiego in agricoltura, in sostituzione di prodotti chimici, è quindi assolutamente auspicabile.
In aggiunta, se carbonizzato, consente di reintrodurre carbonio nel suolo, e quindi alla realizzazione di filiere potenzialmente carbon negative. Rendere economicamente sostenibili impianti a biogas evoluti in biometano risulta anche strategico per il sistema energetico, sia per il settore trasporti che per la generazione termica, elettrica, e la cogenerazione, riducendo così la dipendenza energetica.
L’obiettivo del progetto Agrochar è studiare la conversione del digestato in un prodotto direttamente riutilizzabile in agricoltura, facilmente trasportabile e senza emissioni odorigene, attraverso la carbonizzazione convenzionale (pirolisi lenta, PL) e la carbonizzazione idroterma (HydroThermal Carbonisation, HTC).
Il tema del Biochar è estremamente attuale: è di recentissima emanazione il decreto in GU Serie Generale n.186 del 12-8-2015 (Decreto 22.06.2015 del MIPAAF) che ne consente il suo impiego in agricoltura. Tuttavia, le matrici di partenza considerate sono solo quelle legnose (ad es. il cippato fine).
In realtà l’effluente solido (digestato) in uscita da impianti di produzione di biogas (e biometano) presenta caratteristiche chimiche interessanti per queste applicazioni, in quanto parte dei nutrienti permangono nel prodotto e si ritrovano anche a valle del processo di carbonizzazione, offrendo quindi un evidente vantaggio nei confronti delle biomasse di derivazione arborea.
Carbonizzare questa tipologia di biomasse, e convertirla quindi in un prodotto collocabile sul mercato (anche quello biologico) non è però processo semplice, in quanto il digestato si presenta in forma finemente sminuzzata e sostanzialmente liquido (tipicamente, 8-9% di contenuto solido per il digestato tal quale, e 22-25% per quello secco).
Da un punto di vista tecnologico si può procedere essiccando inizialmente il materiale, e poi alimentando con lo stesso un impianto di Pirolisi Lenta (PL), al fine di ottenere in uscita biochar ed energia termica per impieghi aziendali. A seconda del tipo di reattore può essere necessario compattare il digestato solido secco prima della pirolisi. Oppure, carbonizzare direttamente in fase liquida (a moderata temperatura ed alta pressione) il digestato tramite Carbonizzazione Idroterma (HTC), separare il char e reintrodurre il liquido nel digestato anaerobico o spanderlo sul terreno agricolo.
Il progetto Agrochar – conclude la nota dell’Accademia dei Georgofili – si propone di caratterizzare chimicamente/fisicamente almeno 2 digestati in uscita da altrettanti impianti di digestione anaerobica; eseguire prove di carbonizzazione (PL ed HTC) sul digestato, caratterizzando il prodotto in uscita; eseguire prove preliminari in ambito agronomico del biochar così ottenuto; studiare le opportunità di mercato (accesso, dimensioni) del biochar come prodotto per l’agricoltura; disseminare le informazioni attraverso incontri, pubblicazioni e workshops dedicati”.
Decisamente un approccio interessante e innovativo, che può portare a un salto di qualità nella gestione dei reflui, offrendo un prodotto utile, movimentabile e riutilizzabile.
Un passo avanti, dunque, nella soluzione del paradosso del carbonio. Da una parte, nella sua versione CO2, è messo regolarmente tra i nemici pubblici da combattere, ma dall’altra il carbonio nel terreno è sempre meno presente, con gravissime conseguenze.
Tutto quello che va nella direzione di spostare il disequilibrio esistente tra carbonio emesso in atmosfera rispetto a quello trattenuto nel suolo va nella direzione giusta.