Davvero il ricambio generazionale è un problema?
Sì, il ricambio generazionale nelle aziende zootecniche è un bel problema, anche se pochi, anzi, pochissimi, ne parlano e lo considerano in tutte le sue sfaccettature.
Certo non è un problema grave per l’oggi, ma già il domani potrebbe presentare il conto.
Nelle nostre aziende l’età media è alta, e non sono così tante quelle nelle quali il processo del ricambio è stato incanalato come si deve. E non si pensi – laddove ci sono figli pronti a prendere il posto dei padri – che sia una cosa scontata, facile, senza problemi il passaggio del testimone. Quando due generazioni si confrontano nella quotidianità del lavoro, è inevitabile che si confrontino anche idee, schemi mentali, abitudini consolidate, attitudini diverse.
Aggiungiamoci l’elettronica sempre più presente in stalla, che crea delle barriere culturali di accesso non indifferenti.
Insomma, non è facile il cambio generazionale. Non è facile perché – letteralmente – mancano le nuove leve per la curva demografica crollata, ma non è facile anche laddove queste nuove leve ci sono.
Non è facile, soprattutto, per i padri, porsi in un atteggiamento di ascolto fattivo e reale, di disponibilità al mettersi in gioco, di volontà di capire realmente quello (ed è tanto) che le nuove generazioni hanno da dire e da dare.
Vero, c’è una parte che deve “morire”, silenziarsi. C’è la sfida di fidarsi, la tentazione da vincere del mettere tutto a tacere con un semplice “si è fatto sempre così”.
Il ricambio generazionale è un momento critico, rischioso, pieno di sfide e di incognite. Non sempre è facile capire quando va fatto un passo indietro e quando invece ne va fatto uno avanti, quando bisogna tacere o quando invece imporsi. Ma, proprio per questo, va preparato per tempo. Va preparato per tempo, soprattutto, un nuovo modo di pensare, di pensarsi e di pensare ai figli a cui un giorno affidare “le chiavi” dell’azienda.

