Le recente mobilitazione dei produttori di latte italiani in difesa di un settore che rischia letteralmente di scomparire, almeno nei numeri e nella consistenza che conosciamo oggi, ha fornito qualche spunto che vale la pena (sia chiaro, nei limiti di questo inutile blog) analizzare a bocce ferme.
Il primo è la forza del settore: i produttori di latte sono una forza reale, capillare, capace di mobilitarsi e imporre nell’agenda della cronaca uno spazio importante. È la forza del torrente di montagna, che scende tumultuosamente a valle e sembra, ad osservarlo, che niente o nessuno possa fermarne la impetuosa discesa.
Una colonna di trattori in marcia è senza dubbio un’immagine di potenza.
Tuttavia anche il rombante e tumultuoso torrente, quando le sue acque cominciano a dividersi in due o tre tronconi, perde forza: prima era una massa di acqua gagliarda che scendeva inarrestabile: ora, divisa in tre o più parti perde forza e potenza.
Fa rumore, ma molto meno effetto.
Se poi, via via che la discesa procede, queste acque incontrano – dopo l’asperità della discesa tra i sassi e i dirupi della montagna – le comodità della pianura, ecco che lo slancio si riduce ancora di più: certo la massa d’acqua c’è ancora, ma ora è ben incanalata e governata, divisa in vari placidi fiumicelli che non fanno più tanto rumore. E nemmeno tanta paura.
Ecco, tornando a noi.
Se la forza la si risveglia, ma si è poi incapaci di marciare uniti con una sola bandiera, una sola voce, una sola rappresentanza; se, anzi, si suddividono per aree di influenza sindacale i luoghi da presidiare, limitandosi, al più, a qualche scambio di ambasciatori; se non si riesce ad affiancare alla protesta una strategia chiara di medio e lungo periodo che faccia dei produttori non solo degli utili apportatori di materia prima (e, giusto per mettere un po’ di sale, anche di tessere), ebbene, la forza che si risveglia sarà destinata, ancora una volta, ad avere la peggio.
Si può, infatti, risvegliare la forza quanto si vuole, ma se poi questa forza continua ad essere divisa sarà sempre una tigre di carta.
Capace di ottenere l’uovo oggi, forse, ma che per la gallina domani deve dipendere totalmente da decisioni che non riesce a controllare o influenzare.
Purtroppo – e questo è un punto un po’ ruvido, ma è così – la spaccatura dei vertici scorre giù giù fino alla base: l’una riflette l’altra, come le figure nelle carte da gioco.
Ma i problemi di chi produce latte – e l’individuazione di qualche soluzione per porvi rimedio – non sono gli stessi per tutti, indipendentemente dai colori dei cappellini che indossano alle manifestazioni?
Altra domanda: e se si cominciasse tutti ad indossare il medesimo cappellino?
Basta che non sia giallo ne bianco ne verde!