In UK le latterie chiedono di lavorare con i piedi. Proprio così.
Facciamo un passo indietro.
Lo sapete che esiste un “atlante delle patologie podali” (clicca qui) codificato da ICAR (International Commitee for Animal Recording, ossia l’ente che si occupa di uniformare i dati dei controlli) al quale tutti coloro che si occupano di selezione fanno più o meno riferimento?
Se lo sapete, saprete anche che sono circa 10 le principali patologie a carico del piede che vengono considerate. Non tutte hanno la stessa importanza in ogni Paese, e infatti la e la loro incidenza varia in funzione di clima, sistema di allevamento, alimentazione, scelte genetiche.
È evidente che fare vacche di grandi dimensioni e poi farle vivere su pavimentazioni in cemento non è una scelta che fa felice il piede, che deve sopportare un carico importante e, di solito in abbinamento più o meno costante, un’alimentazione ricca di amido presente in razione.
Ma perché un articolo fatto con i piedi?
Ecco dove voglio andare a parare.
L’incidenza di vacche zoppe è considerata una misura strettamente legata al grado di benessere della stalla e sappiamo quanto benessere e sostenibilità siano i nuovi paradigmi della produzione animale.
Siamo ormai in piena “transizione ecologica” anche nella vacca da latte e i modelli del recente passato non hanno più molta strada davanti e una nuova consapevolezza è richiesta.
Per fare un esempio: nel Regno Unito se si vuole consegnare latte alimentare, l’allevamento deve possedere un “locomotion score” che viene attribuito da professionisti iscritti a un registro. A volte sono assunti proprio dalle stesse latterie che li offrono come assistenza tecnica per i conferenti.
Da qui lo spunto di oggi: lavorare bene – oggi più che mai e domani ancora di più – significa lavorare con i piedi. Delle bovine, ovviamente.