L’interazione uomo-animale e un possibile rischio della automazione crescente. Di questo parliamo oggi.
Molto si dice e si ragiona di dati, in questi tempi di Precision Livestock Farming, o per dirla maccheronicamente di allevamento di precisione e di continue immissioni di elettronica, sensori, robot nella gestione quotidiana della stalla.
Dati da analizzare, sfruttare, aggregare, per prendere decisioni operative sempre più esatte e funzionali in una stalla dove il contatto uomo-animale si fa sempre più ridotto.
La situazione è ormai facile da capire, non c’è più nemmeno bisogno di immaginare troppo, come quando, poco più di due decenni fa, i robot di mungitura facevano il loro primo apparire. Delegare la mungitura a un robot significa, tra le mille altre cose, anche il venir meno di un formidabile momento di contatto e interazione uomo-animale.
Quando poi l’automazione cresce e si diffonde nella stalla questo tempo di interazione uomo-animale si riduce continuamente. Pensate a situazioni dove ci sono robot di mungitura, cancelli separatori e box di isolamento per ogni operazione sulle bovine, robot per l’unifeed, robot per la rimozione delle deiezioni, e via così, con un orizzonte dove il dialogo tra macchine sarà sempre più serrato e tante decisioni saranno prese in automatico.
In pratica si creerà, è in parte già è così, un grande ambiente dove vivono animali per i quali il contatto con l’uomo diventa minimo, al limite dell’inesistente.
Certo, questo è un grande beneficio in termini di benessere animale, ma – e questo è il punto che volevo sottolineare – viene meno progressivamente una consuetudine da parte della mandria nell’avere a che fare con una o più persone dentro di essa.
E sappiamo tutti che in un gruppo sociale ci sono dinamiche precise, fatte di dominanza, soggezione, paura, reazione a certi stimoli. E tutto questo riguarda animali di 6-7-8 quintali, in spazi chiusi, non sempre con adeguate vie di fuga. Possono esserci soggetti particolarmente reattivi tra le bovine che – oggettivamente – in mancanza di una consuetudine con l’uomo potrebbero creare problemi e rischi. Non parliamone poi se c’è di mezzo il toro.
Questo è un aspetto della stalla ad elevatissima tecnologia e a tutto robot di cui non si parla, ma non è secondario. Perché la stalla da latte non può prescindere da una relazione – anche fatta di presenza fisica – tra uomo e bovine presenti.
Quindi?
Quindi – mi diceva un’esperta di etologia e temi del genere – servono momenti di incontro e contatto con gli animali ed è importante che questa consuetudine parta dalla vitellaia, per stabilire una sorta di inprinting, di conoscenza e di immagazzinamento da parte del bovino dell’informazione sull’umano, che resterà poi nel tempo.
Insomma, come spesso si sottolinea l’elettronica permette di fare molto lavoro lontano dagli animali, stando più al computer che in stalla. Vero, ma l’interazione uomo-animale non può scendere troppo e si devono mantenere momenti di contatto e vicinanza, che possono solo in parte essere rimpiazzati da un’interazione uomo-robot-animale.