Certo, non si può pretendere che, essendo cinghiali, stiano a seguire con cura il succedersi di decreti governativi, circolari che chiariscono i decreti governativi, circolari che chiariscono le circolari che chiariscono i decreti governativi.
Essi sono cinghiali, appunto, e di questo prolungato lockdown colgono vantaggi inaspettati: territori non più presidiati, o molto meno, ampi spazi in cui scorrazzare liberi e aggregati, moltiplicando i danni fatti fino ad ora.
La differenza è che, adesso il problema si fa visibile non solo nelle campagne o sulle colline, ma anche nelle periferie delle città, se non addirittura tra le vie.
Inutile dire che sul contenimento della fauna selvatica c’è sempre stata una tolleranza colpevole, lasciando che il problema assumesse contorni sempre più problematici.
Stranamente, le mille preoccupazioni di chi contesta gli animali allevati (ad esempio le emissioni di CO2) scompaiono per questi selvatici che sciamano ormai da padroni. Sono milioni di soggetti, non qualche esemplare qua e là. Evidentemente, per queste anime belle, emettono ossigeno e lavanda.
Ultimo in ordine di tempo, tra gli allarmi, quello di Coldiretti, che fa un puntiglioso elenco di invasioni e danneggiamenti fatti da cinghiali da nord a sud, in questa fase di lockdown, con devastazioni di campi, colture ma, anche, aggravamento dei rischi per l’incolumità della persone.
In Italia si calcola che siano circa diecimila gli incidenti d’auto all’anno causati da animali selvatici.
Certo, non c’è un bollettino aggiornato delle vittime ogni sera, ma se ci fosse magari si inquadrerebbe il problema con più serietà, anche da parte di chi mette cinghiali, nutrie & co. prima della sicurezza dei cittadini.
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