Che si sia a nord, nella verde Galilea, o si scenda fino alle aree semidesertiche prossime al Negev, dove non si coltivano foraggi di nessun tipo e tutto è acquistato (che sia unifeed già pronto o trinciato di frumento che viene poi insilato in azienda) si trova ovunque pressoché un’unica razione nelle stalle israeliane.
Una razione – come sottolinea il dr. Renato Panzeri di Nutriservice – che in Israele viaggia sul binario definito dalla copertura dei fabbisogni dell’animale al minimo costo. Evitando – aggiunge – strampalate interpretazioni degli stessi, seguendo più o meno corrette “mode” nutrizionali.
Per dire. Le domande al tecnico, tipo: ”Le tue razioni hanno tanto amido, poca proteina, usi i grassi?” non esistono.
Entro questo binario la scelta delle materie prime utilizzate è condizionata da una approccio estremamente pragmatico, che punta al costo minore e alla preferenza di materie prime possibilmente non in contrapposizione con l’uso alimentare umano e con lo sfruttamento massimo di sottoprodotti e derivati dell’industria alimentare, monitorandone la qualità.
Va sottolineato che in Israele c’è un approccio tendenzialmente autarchico, con il massimo sforzo per l’autosufficienza per la produzione di alimenti per gli animali e le persone, con importazioni estremamente limitate.
Altro aspetto importante che consente la massima versatilità in funzione del minimo costo è, ovviamente, l’assenza di vincoli o disciplinari sulle materie prime utilizzate.
Tutto è estremamente uniforme, da nord a sud, perché manca la molteplicità di spunti, suggerimenti, proposte che, ad esempio in Italia, fanno del razionamento nelle stalle un caleidoscopio di possibilità, non di rado dei “non sensi” nutrizionali rispetto alla legge della copertura dei fabbisogni.
La struttura centralizzata del “Sistema Israele” si riflette anche sulle scelte e gli indirizzi nutrizionali: provato e validato un modello che funziona, alla base delle risultanze tecnico-scientifiche più aggiornate, testate sul campo da quelli che potremmo definire tecnici nutrizionisti pubblici, tutti lo applicano in azienda e non si sognano proprio di metterlo in dubbio in continuazione sulla scia di questo o quel suggerimento, di questo o quel venditore.
Questa è gente pragmatica e con un senso dell’organizzazione profondo, che ottimizza tempi e modi: fare, rifare, sperimentare non ha senso se c’è già chi questo lo ha fatto e ha prodotto un protocollo da seguire che funziona.
L’azienda che acquista l’unifeed dal feed center quotidianamente paga un prezzo al cancello del centro di produzione. Se vuole anche l’assistenza nutrizionale deve pagare un extra, ma questa è una scelta dell’allevatore, quando e se lo vuole. Non è considerata un “prodotto” che entra nel pacchetto complessivo insieme al mangime, come da noi
La razione è calcolata sui 20 kg di sostanza secca per capo e la reale ingestione costantemente monitorata. L’abilità dell’allevatore sta nel fare mangiare più possibile la bovina, e questo avviene con il benessere animale, il raffrescamento, gli spazi, la tranquillità nella stalla, il frequente avvicinamento della miscelata, la sua preparazione più o meno frequente.
Detto ciò, ecco un esempio di razione per vacche in lattazione, adottato nel Kibbutz Revivim, in una zona semiarida verso il sud del Paese, con circa 1000 vacche in lattazione e tutti acquisti esterni perché qui, con la quasi totale assenza di pioggia durante l’anno, ogni coltivazione foraggera a pieno campo è impossibile.
Il carro è preparato tre volte al giorno
Ecco la razione (16,5 proteine e 1,77 di energia)
- 10 kg insilato frumento
- 3 kg fieno frumento
- 5 kg insilato mais
- 2 kg semola glutinato
- 2 kg distiller
- 2,5 kg colza
- Da 4,5 a 5 kg di mais farina
- 2 kg di farina di frumento
- 2 kg di nucleo energetico, con proteine bypass, minerale e vitaminico.
- Da 4 a 6 kg di acqua
In questo momento la razione è senza soia per l’inferiore economicità del suo punto proteico oggi in Israele.