La stalla che è il contrario di quello che sembra, e va bene. Ma devo completare il titolo: che è il contrario di quello che sembra a chi entrasse e la valutasse con l’occhio severo dell’animalista zelante.
Avete capito il soggetto: quello che ha del benessere animale un’idea rigida, fatta di alcune certezze inossidabili.
Una di queste è che il benessere si valuta mettendosi (magari inconsciamente) al posto dell’animale. Ecco allora l’altra certezza d’acciaio: la posta fissa è il male assoluto, il pascolo il bene assoluto.
In questa stalla (e siamo in territorio di Parmigiano Reggiano, quindi dove il soggetto in questione ha l’occhio più vigile e severo) appena entrato (o entrata, perché più frequentemente l’animalista tutto di un pezzo è donna), avrebbe immediatamente la risposta che cercava: ahhh, orrore! poste fisse! dolore, sofferenza, arretratezza!
Infatti qui ci sono le poste fisse.
Dunque è il regno del dolore e del malessere animale?
Procediamo. Ci sono le poste fisse, ma c’è anche un gruppo libero, addirittura con robot di mungitura. Delle 130 vacche in lattazione, infatti, una ottantina sta alla posta fissa, il resto con il robot. A volte fanno una lattazione qui, un altro la fanno là.
Procediamo.
Perché qui c’è la posta fissa, è vero, ma c’è anche il pascolo. Già, perché l’asciutta è fatta al pascolo, in libertà e serenità. Quindi, vorremmo suggerire, non è che c’è solo il bianco o il nero: ci possono essere soluzioni intermedie dove c’è sia uno che l’altro.
Continuiamo.
Se fosse estate, magari uno di quei pomeriggi in cui non si respira per il caldo e l’afa e il pascolo sotto il sole e in balia dei tafani per una bovina è quanto di più sgradevole possa esistere (e, infatti, se può se ne sta al coperto in stalla), ebbene, in questa stalla staremmo come in pineta.
Già, perché è in funzione un sistema di raffrescamento che cambia completamente l’aria della stalla ogni 5/8 minuti. Immettendo aria fresca, pulita, ossigenata. Davvero ci stanno così male al chiuso queste “povere” bovine?
Mettiamoci la ventilazione assicurata dai molti ventilatori, che raffresca le bovine e anche disturba gli insetti. Altro fatto che non dispiace di certo alle – ripetiamolo – “povere” bovine prigioniere.
Ma non è finita.
Ogni animale ha uno strumento elettronico (la faccio breve, non fate i sofistici, perché stiamo accompagnando l’ospite) che segnala in continuo varie attività dell’animale, da cui genera un indicatore di benessere e salute.
Ma ce ne è anche un altro, ancora più importante: queste “povere” (siamo a tre, ora basta) bovine producono un sacco di latte e hanno ritmi riproduttivi eccellenti, inverno ed estate.
Ancora si potrebbe raccontare che qui si utilizzano pochissimi antibiotici e che all’asciutta si tratta al massimo il 10% dei capi da tempo.
Bene, potremmo parlare anche di difesa dai predatori, paura che un erbivoro ha dentro in maniera ineliminabile e che la notte gli fa preferire – ma questo sembra un mistero per l’umano animalista – un solido muro a un gruppetto di simpatici lupi affamati.
Addirittura qualcuno considera tutto questo che si è detto indicatore di benessere.
Ma… niente: ci voltiamo e vediamo che il nostro amico (o amica) se ne è già andato(a): dopo aver visto la stabulazione fissa aveva già tutte le risposte. Capita, quando ci si fanno poche domande.
Condivido il tuo scritto al 120%, ma non dimenticare che “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire e non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere, ecc” esempi del partito del NO ce li abbiamo in tutti i campi, dai No vax ai No gas dai No TAV ecc. ho chiesto a un animalista esagitato informazioni sul cortisolo e mi ha risposto che lui è contro ogni intervento farmacologico. Non te la prendere: Santa Ignoranza, docet. Mi raccomando non parlare mai di genetica, potrebbero fraintendere e allora si che sono cavoli amari
A presto
Paolo