Spazi in tv che non hanno la solita untuosa patina di chi va a cercare la nicchia nella nicchia, l’agricoltura degli schizzinosi che cercano la primizia, ma spazi e collegamenti che entrano in vere stalle, danno la parola a veri allevatori, illustrano vere esperienze.
C’è anche questo nella Babilonia del coronavirus, che ha “sigillato” centinaia e centinaia di animali e tante aziende.
Però, e questo è un fatto a mio avviso positivo, da subito o quasi c’è stata nell’opinione pubblica, nei giornali, nelle trasmissioni tv, una attenzione vera alle stalle, al lavoro degli allevatori. Certo, con qualche divagazione naif, che ben denota la totale inconsapevolezza di ciò che è una stalla moderna e razionale da parte del grande pubblico e di chi conduce trasmissioni pop, ma pur sempre l’occasione per parlare alla gente, per far vedere che c’è una realtà di passione e lavoro, di attenzione continua e di cura del benessere, che sono l’essenza di una stalla da latte.
Per un mondo che non ha mai fatto comunicazione, che non è mai stato in grado (anche per scelta miope) di parlare direttamente al consumatore su scala nazionale, i collegamenti delle trasmissioni del mattino e del pomeriggio sono stati una opportunità insperata, un semino messo nella terra che potrebbe anche far germinare una simpatia nuova tra consumatore e produttore, accorciando le distanze.
Un dettaglio, certo, che non modifica le difficoltà di questo giorni.
Però “il contadino che va in tv” su scala nazionale e fa vedere all’Italia che la stalla non è un lager ma un luogo di lavoro, attenzione e passione è sicuramente una cosa interessante.