Mettiamo insieme una filiera di attori, ciascuno dei quali rappresenta una punta di eccellenza nel suo settore. Aziende importanti nel campo delle attrezzature zootecniche, dell’alimentazione, della selezione.
Consideriamo che queste aziende siano tutte più o meno integralmente espressione dell’Italian style nell’allevamento della vacca da latte, con uno sguardo operativo che va dalla campagna al confezionamento finale.
Bello, ma non è tutto.
Consideriamo infine che questo pool di aziende si sia aggiudicato la realizzazione di una grande stalla – mille vacche in mungitura – in Kenya, con il coinvolgimento di una Università locale, in una zona particolarmente adatta all’agricoltura e all’allevamento, con terra e clima generosi e grandi possibilità di crescita del progetto, con la concreta possibilità che attorno alla grande stalla si moltiplichino strutture piccole e medie che dalla stalla principale traggano spunti e know-how.
Mettiamo che da qui parta un lavoro prolungato per creare tecnici e allevatori avanzati e preparati, in grado di essere un motore per gli altri, un punto di coagulo per un miglioramento generalizzato.
Tutto questo già c’è ed è un progetto che sta uscendo dalle lungaggini autorizzative locali e muoverà presto i primi passi, con un futuro interessante davanti.
Un modo concreto ed efficace di fare business e nel contempo migliorare l’economia di un continente come l’Africa che ha bisogno di crescere sulla sua terra, con possibilità di lavoro e di crescita professionale che nasca dal basso, più che di piste di disperati e barconi strapieni.
Ed è un continente che ha tanta sete di latte e di imprenditoria, meglio se non rapace.