C’è un nesso forte tra andamento del prezzo del petrolio e andamento del prezzo del latte sui mercati mondiali.
Se avete voglia cercate i grafici dei prezzi di latte e petrolio negli anni e vedrete che è così: l’uno procede vicino all’altro.
In genere quando il prezzo del petrolio crolla c’è una grande recessione alle porte, o qualche evento bellico di portata globale. E questo si ripercuote immediatamente sui prezzi di altre materie prime, perché se c’è recessione calano i consumi e se calano i consumi ne risentono anche quelli a base di latte e via così, in un domino che contagia tutto.
Ora la recessione è alle porte, di portata epocale, forse, per la pandemia di coronavirus che sta azzerando tutto e interessa un Paese dopo altro, con chiusure crescenti e generalizzate che interessano direttamente anche mense, ristoranti, bar. Certo, crescono e cresceranno i consumi domestici, inevitabilmente, ma non si cambia un equilibrio consolidato in un attimo e per ora ci sono solo le scosse.
Il petrolio ha toccato in questi giorni livelli minimi e attualmente non è molto sopra il 20 bollari al barile, il livello minimo da quasi vent’anni. Certo, c’entra anche la “guerra” che si fanno Russia e Arabia Saudita che si sovrappone al coronavirus, ma il dato di fondo è che il petrolio è quello che di solito guida la corsa e indica le direzioni.
Lo scenario pessimo è corroborato dal dato delle recenti aste del Global Dairy Trade, un tonfo dopo l’altro del Global Dairy Index (guarda qui) da quattro sedute. Vuol dire che sui mercati si punta verso il basso, si stima ci sia più latte (o più petrolio, a un certo punto le cose si fanno intercambiabili) di quanto ne serva.
Questo è.
La tempesta è in atto in tutto il mondo e bisogna reggersi forte cercando di stare a galla.