Facciamo il punto sulla situazione. Anche i più ottimisti faranno fatica a trovare un motivo per sorridere. I pessimisti, invece, troveranno pane per i loro denti.
Purtroppo cambia leggermente il disegno, ma il quadro resta lo stesso da mesi.
Quella situazione, già critica per il dopo-quote, che ha subito una mazzata finale dall’embargo russo conseguente alle misure anti Russia della premiata ditta Usa-Ue.
E l’Irlanda che, come annunciato, è sempre più decisa a ritagliarsi il ruolo di Nuova Zelanda dell’emisfero nord, potendosi permettere di resistere (in termini di prezzi) dove altri soccombono.
Approfitto di un testo prodotto oggi dall’Ufficio Stampa di VeronaFiere, perché ha il pregio della sintesi e della chiarezza.
Ecco qua.
Mondo. Lo scenario mondiale indica un ulteriore aumento di produzione. Rispetto all’anno precedente, infatti, le produzioni dei principali Paesi esportatori (Ue-28, Bielorussia, Usa, Nuova Zelanda, Australia, Bielorussia, Ucraina, Argentina, Cile, Uruguay, Turchia) nel periodo gennaio-aprile 2016 sono aumentate del 3,7% su base tendenziale, toccando una produzione di 27.580 milioni di tonnellate nel solo mese di marzo.
Europa. Nel mese di marzo tutti i paesi dell’Ue-28, tranne Portogallo e Croazia, hanno messo a segno un aumento produttivo rispetto al marzo 2015, ultimo mese di applicazione del regime di quote latte e prima dell’esplosione delle produzioni comunitarie. A registrare le maggiori performance produttive in termini quantitativi sono stati l’Irlanda (+32,77%), seguita da Belgio (21,29%), Olanda (17,90%), Danimarca (8,77%), Germania (+6,90%), Francia (+1,81 %). I dati italiani (gli unici ancora in attesa di conferma ufficiale) segnalano un incremento produttivo del 4,30% nel marzo 2016 su base tendenziale. Un dettaglio su come la pensano in Irlanda: Ornua, la cooperativa più importante del Paese, con 14.000 allevatori conferenti e un fatturato di 1,8 miliardi di euro, ha dichiarato di voler aumentare la produzione del 50% entro il 2020, per toccare i 7,4 miliardi di litri.
Piano salva latte. L’Unione europea potrebbe adottare un nuovo piano salva-latte: sarà discusso i prossimi 27-28 giugno, nel corso del Consiglio dei ministri agricoli dell’Ue. (Come sempre, quando le cose sono drammatiche, la Ue brilla per tempestività. NdA).
Meno polvere, più latte uht confezionato. La Cina conferma la tendenza a importare burro, panna, formaggi, latte uht, preferendo i prodotti finiti alle polveri. Dopo la contrazione dell’import di latte sfuso e confezionato, avvenuta nel mese di febbraio 2015, il trend è sempre andato aumentando, con punte del 125,5% lo scorso dicembre (rispetto allo stesso mese dell’anno precedente) e rimbalzi significativi anche fra gennaio e aprile 2016 (+70,3 per cento).
La Germania si fa largo. Con 20.270 tonnellate inviate in Cina lo scorso aprile, Berlino ha superato le esportazioni di Australia e Nuova Zelanda, che rispettivamente hanno inviato 5.286 e 7.169 tonnellate. Si rafforza anche la Francia (10.410 tonnellate l’export di aprile) e persino i player spagnoli hanno conquistato uno spicchio di mercato, facendo leva su due elementi come tracciabilità e benessere animale. A proposito: tracciabilità e benessere animale sono argomenti sensibili anche in Cina.
Sempre a proposito di Germania. Il governo mettere a disposizione dei produttori di latte un programma di aiuti da oltre 100 milioni di euro, con l’impegno da parte degli allevatori di ridurre le produzioni. Infine, secondo quanto riportato dalla rivista di settore Top Agrar, il gruppo Deutsche Milchkontor (Dmk) sarebbe vicino all’acquisizione di diverse aziende russe, per produrre formaggi nella Russia sud occidentale.
La Russia rafforza la sua capacità produttiva. è sempre un Paese grande importatore, ma proseguono in Russia le politiche di rafforzamento della produzione interna, anche grazie know how estero. Secondo quanto riportato dalla rivista di settore Top Agrar, il gruppo Deutsche Milchkontor (Dmk) sarebbe vicino all’acquisizione di diverse aziende russe, per produrre formaggi nella Russia sud occidentale.
Sempre buono l’export del Made in Italy. Le esportazioni dei formaggi Made in Italy lo scorso febbraio (ultimo dato disponibile, fonte: elaborazioni Clal.it) hanno segnato un +12,9% in volume, su base tendenziale. A tirare la volata sono stati, in particolare, i formaggi freschi, fra cui mozzarella e ricotta (+26,6%), i formaggi grattugiati o in polvere (+18,7%), il provolone (+12,2%), seguiti da Grana Padano e Parmigiano Reggiano (+5,4%), Gorgonzola (+4,9 per cento). In frenata, invece, le esportazioni di Asiago, Montasio, Ragusano, Caciocavallo (-5,5%), Pecorino e Fiore Sardo (-19,9%). (Fonte VeronaFiere)