A poco più di un anno dal lancio pare che il fairlife (non è un errore, l’iniziale è minuscola), il super latte americano, sia un successo. Prodotto dalla fairlife LLC, una partnership tra la associazione di produttori Selected Milk Producers e la Coca Cola, il fairlife è ottenuto mediante un processo di filtrazione che separa acqua, grasso, proteine, zucchero e minerali.
Il tutto, un po’ come fossero mattoncini Lego, viene poi ricombinato, per formare un prodotto con il 50% in più di proteine, 30% in più di calcio, 50% in meno di zucchero.
Non vengono date cifre, ma la soddisfazione di chi ci ha scommesso è molta e – dicono – il prodotto sta contribuendo a aumentare nel loro insieme i volumi delle bevande a base di latte. Non che sia economico, tutt’altro: il fairlife è venduto a un prezzo doppio rispetto al prezzo medio del latte, ma questo non si è dimostrato un problema. “Il consumatore – dice Anders Porter, direttore della comunicazione di fairlife LLC – vede i vantaggi offerti da questo prodotto ed è disponibile a pagare per essi”.
Porter dice anche altre cose interessanti, al limite dell’incredibile, raccontando alcuni retroscena dei test market effettuati prima del lancio della nuova bibita proteica. Ad esempio che c’era gente sorpresa nell’apprendere che il latte contenesse proteine. O che non aveva idea sul suo contenuto di zuccheri.
Elementi fanno riflettere su quanto poco effettivamente il consumatore medio conosca in tema di alimenti.
Ma c’è dell’altro.
Secondo Porter la gente non beve tutto il latte che potrebbe, per varie ragioni, oltre alla misconoscenza delle sue virtù nutrizionali. Ad esempio perché in tema di bevande ci sono tantissime altre opzioni sullo scaffale e, in un settore che ha visto continue innovazioni e cambiamenti, il latte è rimasto sempre lo stesso.
Una virtù, ma anche un difetto, perché ne limita le possibilità di conquistare altri segmenti di mercato, meno legati alla tradizione e più orientati verso stili di vita in rapido mutamento.
Da qui la decisione di fare un latte, diciamo così, sintetico, disaggregandolo e poi ricomponendolo a misura di nuovi gusti. Con la possibilità di creare un filone di bevande derivate, come del resto è successo.
Insomma, parlando di latte, non sempre è solo una questione di prezzo. C’è anche una questione di idee.
Sembra strano, ma il consumatore può arricciare il naso nel pagare una certa cifra per un prodotto “normale”, per poi non battere ciglio nello sborsare molto di più per quell’articolo in versione cool, che abbia sostanza ma anche immagine.
E poi: vero che c’è la Coca Cola dietro tutto questo, ma c’è anche un nutrito gruppo di allevatori e produttori di latte.
I frutti che cadono dalla pianta vanno un po’ anche nel loro cesto.
purtroppo la gente , ma anche persone con un buon livello d’istruzuine non sanno nulla del latte e men che meno della tecnoclogia che sta dietro la sua produzione.Dall’altra parte fantasia ridotta al lumicino. Un esempio per tutti micelare latte con sciroppi ( menta, amarena ecc) consente di avere una bibita gustosa efreschissima ( mai vista sul mercato , infatti me la faccio in casa). Che dire…….Evidentemente una ceerta mancanza di fabntasia e di rigidità nel marketing ha le proprie colpe. …..
Carlo Loffi Dott.Agronomo e zootecnico