Le prime settimane del vitello beef on dairy e qualche errore da non fare.
Perché è un animale che ha esigenze nutrizionali diverse dal vitello Holstein in purezza.
E questo vale anche per la fase di pre-svezzamento. Anzi, in queste settimane si può fare molto per determinare le potenzialità del soggetto quando sarà poi all’ingrasso.
Trattarlo – e alimentarlo – come fosse un vitello Holstein andrebbe a tarpare potenzialità di crescita di questo animale nelle settimane successive e quindi ridurre il valore del soggetto.
Come dire: l’allevatore da latte che fa bene la preparazione dei suoi vitelli ibridi nella prime settimane può offrire all’ingrassatore animali più pregiati e, quindi – almeno teoricamente – maggiormente pagabili.
E qui veniamo ai consigli di Olivia Schroeder, direttore della ricerca sul settore da latte di un’importante azienda nutrizionistica zootecnica americana. In questo suo intervento (clicca qui per il documento originale) parla di quattro miti da sfatare riguardo all’alimentazione del vitello incrocio da carne.
Il primo mito errato è quello secondo il quale questi vitelli avrebbero bisogno di meno latte ricostituito nei loro piani alimentari pre-svezzamento.
Dato che rispetto ai vitelli Holstein questi incroci sono più efficienti nella trasformazione – spiega – molti credono di poter usare meno latte, dato che continuano a vedere una crescita e prestazioni simili a quelle che si vedrebbero in un vitello Holstein nutrito con più latte ricostituito.
Questa prassi farà perdere però potenziale di crescita.
I vitelli beef on dairy hanno bisogno non di meno latte, quindi, ma di più latte, per avere una crescita più efficiente ed economica.
Come illustra la figura 1 (tratta dal documento di cui sopra) che mostra le prestazioni pre-svezzamento dei vitelli beef on dairy attraverso diversi programmi nutrizionali.
Gli altri tre miti da sfatare, secondo Olivia Schroeder si intrecciano al primo e tra loro.
Ad esempio che vitelli beef on dairy possano essere svezzati prima dei vitelli Holstein.
La ricercatrice raccomanda invece un’età simile anche per i vitelli da incrocio.
Proprio come i vitelli in purezza di razza da latte, i vitelli incroci sono più efficienti con il sostituto del latte, rispetto al mangime secco, nella prima fase pre-ruminante.
Allo stesso modo, devono avere tempo sufficiente per sviluppare un rumine pronto per l’alimentazione secca.
Perciò non si deve anticipare lo svezzamento.
Quando i vitelli vengono svezzati a 8 settimane – spiega – invece che a 6 o 7, la loro efficienza complessiva prima dello svezzamento migliorerà mentre continueranno ad aumentare l’assunzione, il che aiuterà a prevenire un ritardo post-svezzamento.
E questo non porterà – e siamo al mito 3 – solo a una maggiore altezza perché la composizione corporea del vitello incrocio è molto diversa da quella di un vitello Holstein.
Gli incroci beneficiano di un piano nutrizionale più elevato dando la priorità al guadagno muscolare, con una crescita del “telaio” più moderata.
Da ciò ne deriva l’importanza del tenore proteico della razione (e del suo contenuto in aminoacidi) oltre che energetico.
E questo sfata il quarto mito, ossia che si possano usare tenori proteici in razione inferiori rispetto al vitello in purezza.
Sbagliato, spiega la ricercatrice, perché l’obiettivo finale dell’ingrassatore è quello di produrre un vitello muscoloso, che cresca presto e metta su massa muscolare in maniera efficiente.
E questo dipende molto anche da quel che si fa prima dello svezzamento.