Lettiera compostata e stalle da latte israeliane sono un tutt’uno, e la cosa è ben visibile girando da un’azienda all’altra in un tour tecnico come quello organizzato da Nutriservice.
Il clima caldo e secco aiuta, e non poco, a mantenere lo strato calpestato dalle bovine, costituito pressoché nella totalità da deiezioni.
Un passaggio quotidiano con ripuntatore per l’aerazione della massa, elicotteri a ventilare le bovine e a facilitare l’asciugatura della lettiera, una rimozione annuale della massa (sulla cui effettiva esecuzione però non scommetterei un cifra troppo alta viste certe altezze).
Niente però che non sia ritrovabile nelle stalle italiane che usano questa stabulazione, (con vantaggio però di non avere obbligo di pavimentazione impermeabile e questo è un bel costo in meno alla partenza rispetto a un’analoga struttura in Italia).
Ma c’è un ingrediente israeliano che non manca praticamente mai: lo spazio.
Perché se c’è un punto sui cui non si può transigere con la lettiera compostata è proprio lo spazio per capo: i 20 mq sono già una misura stretta, si arriva anche a 30 mq/capo.
Se questo è fatto qui, dove il freddo e l’umidità padana non si sa cosa siano, a maggior ragione proprio lo spazio e il carico animale per mq diventano fondamentali da noi per ogni ipotesi di successo con questo tipo di stabulazione.
Più lo spazio si riduce, più il rischio di fare danni cresce, al punto da far rimpiangere le cuccette.
Alle bovine e all’allevatore.
PS: se poi date un’occhiata all’ultima immagine converrete che, anche nella terra dove è nato il compost barn, non tutto e dappertutto è perfetto…