“Some idiot has been in during the night and let all the calves out of their hutches. Can’t find them all, wonder how many have been run over”.
Così – riporta Farmers Weekly – twittava Justin Birch alle 5.28 del primo aprile quando, arrivando in azienda, notava, prima di arrivarci, un vitello che camminava sulla strada.
Il primo pensiero – dice – è stato che avesse saltato il recinto, ma poi ne ha visti altri e, infine, ha notato che erano stati manomessi i box dei vitelli e questi ultimi vagavano nei dintorni.
Ci sono volute ore per recuperarli, e non tutti in buona forma, dato che uno dei vitelli aveva una gamba danneggiata.
L’incidente è stato segnalato alla polizia, ma il sistema di videosorveglianza non ha saputo indicare la targa dell’auto che nella nottata ha fatto il suo ingresso nella stalla con gli autori del fatto. Fatto che non è ancora certo quale matrice abbia, anche se non è difficile arrivarci.
Anche perché, pochi giorni prima, il Guardian, importante giornale inglese che si rivolge all’area della sinistra benpensante, aveva pubblicato un lungo approfondimento (titolo: “Dairy is scary“) proprio dedicato alla crudeltà dell’allevamento da latte, a quanto di terribile accada nei lager da latte eccetera eccetera.
Non ricordo se l’articolo fosse esattamente lo stesso, ma a stretto giro si era unito anche il Corriere della Sera, con tanto di fotografia della distesa di capannine per vitelli e lamentazioni di ordinanza su quello che accade negli allevamenti da latte.
Torniamo a Justin Birch, che su quanto accadutogli ha sottolineato alcune cosette.
La prima è che gli autori del gesto non hanno fatto altro che mettere a rischio la salute – se non la vita – degli animali che volevano “liberare”. Cosa che è la regola in questo genere di azioni.
Vorrebbe poi potersi confrontare con questi soggetti che agiscono nottetempo e sfidarli apertamente in un dibattito, convinto di poter dimostrare le proprie ragioni.
Quello che ha subito – dice – è stato un atto criminale: “Se qualcuno mette a repentaglio il benessere dei miei animali deve pagarne le conseguenze”.
Ora Justin Birch sta sostituendo il sistema di videosorveglianza, con un impianto che abbia la capacità di riconoscere il numero di targa degli automezzi, così da individuare eventuali nuovi visitatori.
Cosa insegna questa vicenda?
Innanzitutto – ed è chiaro da tempo – che nella grande informazione c’è chi strizza l’occhio all’animalismo, evidentemente considerato culturalmente cool, progressista e illuminato. E lo fa in maniera sempre più spavalda.
Che c’è chi passa all’azione e trova naturale infrangere la legge.
Che chi si produce in queste gesta ottiene come risultato diretto di mettere a rischio non solo il benessere degli animali, ma anche la loro stessa vita.
Che chi alleva deve capire che difendere e motivare ciò che fa sarà sempre di più una parte fondamentale del suo lavoro e dovrà farlo sempre più spesso, che gli piaccia o no. E dovrà farlo con competenza, dando motivazioni.
Che un sistema di videosorveglianza è necessario in ogni azienda.
Ultimo, ma non per importanza, che non ci sono più i cani da guardia di una volta.
Avevo letto l’articolo del Guardian che riportava semplicemente – e mi è parso non condividendole – le posizioni di Animal Equity. Sempre sul Guardian sono pubblicate le posizioni di allevatori “illuminati” qui ne linko due.
Complimenti per il sito
https://www.theguardian.com/commentisfree/2017/apr/05/dairy-farmers-face-difficult-times-demonising-unfair
https://www.theguardian.com/commentisfree/2017/feb/28/free-range-milk-asda-dairy-farming-cows-in-fields-pasture-promise