Si può fare a meno del silomais in un’azienda di vacche da latte? Quali sono le alternative praticabili? E a quali costi?
Tra coloro che da tempo hanno abbracciato questa linea di azione c’è un amico agronomo che ai suoi clienti consiglia di ridurre drasticamente la quantità di mais, limitandolo alla sola produzione di pastone, se non di eliminare il mais totalmente.
Passando per l’approvvigionamento foraggero aziendale agli erbai autunno vernini, seguiti sorgo zuccherino. Foraggere in grado di dare imponenti quantità di foraggio zuccherino, dalla fibra altamente digeribile e con assai minori costi di produzione in campagna, sostiene.
Non solo.
C’è anche la parte sanitaria che riguarda mais prima e bovine e alimenti poi: il rischio micotossine nel mais è alto e difficilmente una stagione può essere chiusa senza problemi che tolgono produzioni, sanità nella mandria e tranquillità nell’allevatore.
Contestualmente nelle stalle c’è un altro problema di non poco conto: le razioni sono sempre più concentrate, spinte in amido e le vacche vivono in una costante situazione di sub-acidosi ruminale con tutto quel che ne consegue in dismetabolie varie.
Bisogna tornare indietro – dice – far ruminare di più le vacche e aumentare l’ingestione, dare più energia non attraverso una concentrazione sempre maggiore della razione, ma facendo mangiare di più le vacche così che riescano a coprire i loro fabbisogni.
Cosa consiglia il nostro agronomo?
Hai una produzione di tot ettari di mais? La riduci e usi il mais solo per fare farina o, meglio, pastone. Sul resto fai un erbaio autunno vernino con orzo o grano o triticale e poi un erbaio estivo con il sorgo.
Il sorgo lo teniamo per le vacche. Gli erbai autunno vernini che sono più strutturati e fibrosi li teniamo invece per le manze e le asciutte e solo in quota parte per le vacche.
Il pastone di mais può rimanere per avere una quota di amido. Perché pastone e non farina? Perché raccogliamo il mais in una fase più giovanile, quando il mais non ha ancora subito l’attacco di piralide e diabrotica. Se lo raccolgo più tardi ha già subito l’attacco fungino.
Deve essere molto umido, rinunciando a qualche punto di amido per avere più zucchero, così che quando lo insilo (integrale o di granella) si conserva benissimo tutto l’anno.
Certo, non farai più una razione al 28% di amidi e il 5% di grassi, come spesso si arriva a fare; devi avere il coraggio di scommettere sulla fibra digeribile, far ruminare le vacche, lavorare sul 20-21, massimo 22% di amido e con il 6-7% di zuccheri.
Sono razioni a fibra umida, che le vacche mangiano in grande quantità.
Con queste razioni una vacca mangia 60-70 kg di roba, l’umidità della razione arriva al 60%.
In estate meglio fare il carro due volte il giorno, per l’umidità e perché è una grande massa.
Non si vuole togliere tutto il trinciato? Si può ridurre. Hai trinciato per 30 kg in razione? Dimezzalo e fai pastone. Il resto del terreno lo usi per gli erbai. Non andremo al 22% di amido ma al 24%, ma sicuramente le vacche cominceranno a stare meglio.
Con un’alimentazione come questa dai da mangiare ai batteri ruminali i quali, usati bene, orientano al meglio le fermentazioni ruminali, fanno aumentare il tenore di grasso nel latte e con la loro massa costituiscono il migliore apporto proteico per la bovina.
C’è poi un migliore bilanciamento in termini di acidi grassi omega 3 e omega 6 della razione, con vantaggi per la bovina e per la ricchezza di contenuti del latte.
Take home message del tecnico: “Con razionamenti basati su erbai autunno-vernini, sorgo zuccherino e pastone di mais, si continua a fare tanto latte, con ottimi indici, la vacca sta meglio, l’acidosi subclinica è un ricordo e si abbassa il costo razione”.
Poi, ovviamente, ognuno faccia come crede.