Quando si parla di incrocio le posizioni sono nette, in genere critiche. Spesso però i giudizi derivano da preconcetti o da osservazioni di casi sporadici dove la via del cross è stata gestita in maniera improvvisata o con pochi soggetti.
Sicuramente mancano dati significativi a livello generale sui quali costruire giudizi oggettivi e fare confronti, ma non mancano esperienze concrete dove ci sono dati, animali e anni di esperienza diretta.
È il caso di un grande allevamento modenese dove la via dell’incrocio è stata adottata da oltre dieci anni.
Qui ci sono circa 900 capi in mungitura e metà di questi sono meticci. Per la rimonta la percentuale è ancora più alta: oltre il 70%.
Quello che è particolarmente interessante di questa stalla è la possibilità, assai rara in stalle italiane, di ragionare di incroci e meticci non sulla scorta di impressioni o idee prestabilite, ma, concretamente, di numeri e di un’esperienza che dura da oltre dieci anni.
Ci sono vari aspetti che si possono evidenziare, non tanto per avvalorare una posizione (la scelta dell’incrocio) rispetto ad un’altra (l’allevamento in purezza), dato che entrambe hanno i loro punti di forza e punti deboli, ma per dare qualche elemento da tenere in considerazione per dare più sostanza e concretezza a dibattiti e discussioni sul tema.
Ne elenco alcune, in ordine sparso.
- La scelta dell’incrocio rispetto a all’animale in purezza è stata dettata soprattutto dalla volontà di recuperare in durata delle bovine in stalla. Non c’erano particolari problemi di fertilità, e anche la voce relativa alla sanità e ai costi per le terapie era buona, anche perché qui si è sempre investito sul benessere animale e le strutture si collocano su standard di assoluta eccellenza. Il limite stava proprio negli animali sulla loro delicatezza e incapacità quasi strutturale di durare in stalla oltre le canoniche 2,5 lattazioni che sono un po’ il dato medio – e preoccupante – di buona parte delle stalle da latte.
- Ora gli ibridi sono circa il 50% delle bovine in lattazione e il 70% della rimonta, più che una scelta strategica pianificata a tavolino all’inizio è stata la conseguenza di una durata in stalla degli incroci praticamente doppia rispetto alla razza pura. Il trend è evidente: le meticce erano il 37,8% nel 2013, erano il 53% nel 2016.
- Qui si è scelto lo schema di incrocio a tre vie che prevede il coinvolgimento di tre razze: Holstein, ovviamente, Rossa scandinava e Montbeliarde. In questa azienda si è già concluso il “primo giro” completo, tornando così alla fecondazione con Holstein e poi, da capo, Rossa e Montbeliarde (o viceversa).
- Vediamo dei dati, riferiti al 2016. Incidenza delle mastiti (-38,1% per le meticce rispetto Frisona), metriti (-20,3% per le meticce rispetto Frisona), ritenzioni di placenta (-23,8% per le meticce rispetto Frisona); zoppie (-7,2% per le meticce rispetto Frisona).
- In questa azienda la fertilità, anche per le Holstein in purezza, è su livelli invidiabili dai più. Come un parto-concepimento di 107 giorni come media 2016 che però deve cedere il passo agli 88 giorni delle meticce.
- E le produzioni? Vediamo qualche numero medio 2016.
- Incrocio: produzione 30,28; 3,7% grasso; 3,68% proteine
- Frisona: produzione 31,58; 3,66% grasso; 3,64% proteine
Molto di più lo troverete sul prossimo numero di Professione Allevatore. Questo è solo un assaggio, un po’ di dado per aggiungere sapore al brodo del dibattito su come indirizzare la mandria per i prossimi anni.
Al di là delle soluzioni scelte, una cosa è comunque certa: solo mandrie resistenti, forti, capaci di ammalarsi poco e stare in stalla, fertili, possono garantire redditività e futuro.
Questo è il traguardo. In base al percorso ognuno trova l’auto adatta.