Fosse successo negli anni settanta, forse la storia del cinema non avrebbe segnato un passaggio che, invece, è rimasto ben scolpito nelle cronache, per la discreta dose di scandalo e polemiche che ha portato.
Intendo dire che se, quando Bernardo Bertolucci e Marlon Brando idearono la famosa scena in “Ultimo tango a Parigi”, la situazione francese riguardo al burro fosse stata quella di adesso, forse avrebbero optato per un succedaneo o, magari, cambiato la trama: Marlon Brando e Maria Schneider si sarebbero invece presi un tè guardando la pioggia bagnare i tetti spioventi di Parigi, magari ascoltando un disco di Charles Aznavour.
Invece, a quei tempi, di burro ce n’era, costava poco e si poteva anche farne un uso fuori copione.
Non ora, sicuramente.
Infatti si sa che la situazione di mercato del burro ha fatto segnare negli ultimi mesi uno slancio pazzesco verso l’alto, con prezzi assolutamente oltre ogni previsione ragionevole.
Questo per varie ragioni: l’abbandono dell’olio di palma, diventato di colpo un reietto nell’industria alimentare, al punto che la dichiarazione ”senza olio di palma” è divenuta sinonimo di qualità, sanità, bontà eccetera, eccetera.
C’è poi una questione di produzione: è diminuita la produzione europea di latte e, di conseguenza, dove c’è meno latte c’è anche meno burro a disposizione.
Ma il colpo di grazia, diciamo così, lo ha dato la Cina, che sta facendo incetta di burro sui mercati, riducendo la quantità disponibile per tutti gli altri. Si sa, quando la Cina si muove è come un elefante in una cristalleria: gli effetti non passano mai inosservati.
Su questo dice la sua anche la newsletter dell’Accademia dei Georgofili, sempre ricca di spunti interessanti.
Ricorda, a tal proposito, che i 6.500 euro a tonnellata registrati in Europa a settembre sono il record storico dal 2000, ovvero da quando Bruxelles ha iniziato a raccogliere i dati.
A livello globale, i prezzi sono quasi triplicati in un anno, passando a 7000 euro a tonnellata dai 2.500 euro dello scorso anno.
Ma perché la Francia è il Paese colpito più duramente dalla crisi del burro?
Thierry Roquefeil, presidente della FNPL, la federazione transalpina dei produttori di latte, ha spiegato a Bloomberg che i negozianti francesi preferiscono rassegnarsi a questi scenari venezuelani (ossia con scaffali desolatamente vuoti per certi articoli che prima erano a disposizione senza limite) piuttosto che ritoccare al rialzo i prezzi.
“I venditori francesi si rifiutano di aumentare i prezzi, anche di pochi centesimi, persino per il burro”, afferma Roquefeil riportato dalla newsletter dei Georgofili, “i produttori caseari si rendono conto che c’è una domanda estera che accetta prezzi più elevati e, giustamente, vendono all’estero”.
E per questo molti supermercati sono costretti ad appendere sugli scaffali vuoti cartelli nei quali si scusano con la clientela per l’impossibilità di vendere burro.
Decisamente la vicenda del burro è sintomatica di come l’andamento dei mercati possa prendere una direzione improvvisa, totalmente imprevista, con effetti che durano nel tempo.
Del resto anche l’idea del burro in “Ultimo tango a Parigi” pare sia stata una scelta improvvisata, non prevista dal copione. E sicuramente con effetti che sono durati nel tempo.