E’ sempre più chiaro che con le micotossine la partita non è mai finita e ogni stagione riserva le sue.
Che sia siccità o piogge inoltrate, secco o umido, caldo prima o caldo dopo, le micotossine sono talmente tante che ci sarà sempre quella che trova il suo giusto pertugio per infilarsi.
E le micotossine, per i rischi che comportano e la subdola azione che esercitano, possono essere un pericolo non solo a livello zootecnico ma anche di comunicazione per tutta la filiera, non meno di certe trasmissioni televisive animaliste i cui eccessi sfociano in un grottesco quasi comico.
Tornando alle micotosisne, Riporto degli stralci di un articolo di Mangimi & Alimenti che fornisce un quadro aggiornato sulla situazione del mais nazionale riguardo alla contaminazione di micotossine.
Fa riferimento al monitoraggio realizzato dal Crea di Bergamo e coinvolge i centri di stoccaggio delle regioni italiane vocate alla produzione maidicola (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna). 320 campioni di mais, provenienti da 44 centri di stoccaggio, sono stati raccolti ed analizzati per il loro contenuto in aflatossina B1, fumonisine, deossinivalenolo (DON) e zearalenone (ZEA).
Nel dettaglio.
Le analisi si sono incentrate soprattutto sulla ricerca di aflatossina B1 (AFB1) dato che le suddette condizioni metereologiche hanno creato le condizioni ideali per uno sviluppo di A. flavus, produttore di tale tossina. In effetti, il 12% dei campioni di mais analizzati risultava avere un contenuto in AFB1 superiore a 20 μg/kg, valore di riferimento per il mais destinato a materia prima nei mangimi (Regolamento CE, 2011). Nel 2015 tale soglia era stata superata dal 18% dei campioni mentre nel 2014 dallo 0%.
Le micotossine più diffuse nell’areale italiano risultano, anche per il 2016, le fumonisine (FBs): il 27% dei campioni di mais, provenienti dai centri di essiccazione – stoccaggio, ha fatto registrare un contenuto in FBs superiore a 4000 μg/kg, valore limite per l’utilizzo della granella di mais ad uso alimentare umano diretto. Tale dato risulta essere superiore al valore registrato nel 2015 (27%) ma inferiore a quello del 2014 (54%).
Relativamente alla distribuzione del contenuto in DON (deossinivalenolo o vomitossina), considerando la soglia critica di 1750 μg/kg (valore limite per l’utilizzo della granella di mais ad uso alimentare umano diretto), si è osservato che l’11% dei campioni superava tale indice, percentuale superiore a quella del 2015 (1 %) ma decisamente inferiore a quella del 2014 (49 %).
Lo zearalenone (ZEA) è risultato presente per il 100% dei campioni in quantitativi minimi (0-250 μg/kg), situazione analoga a quella riscontrata nel 2015; nel 2014, anno nel quale le intense e continue precipitazioni primaverili-estive e le temperature miti, avevano determinato un ampio sviluppo di più funghi del genere Fusarium, il 40% dei campioni, aveva un contenuto in ZEA superiore a 350 μg/kg, (valore di riferimento per il mais destinato all’alimentazione umana).
Complessivamente, i dati del monitoraggio confermano che la granella di mais è regolarmente contaminata da fumonisine in quantità variabile a seconda dell’andamento climatico stagionale.
In annate particolarmente calde e siccitose, come ad esempio il 2015, si aggiungono le aflatossine, mentre nelle annate molto fresche e piovose, come il 2014, compaiono il DON e lo ZEA.