Le micotossine sono uno dei principali problemi per l’alimentazione umana.
Un rischio reale, complicato da svariati elementi. Sono tantissime e spesso agiscono in associazione tra loro e le conoscenze ancora incomplete. Inoltre i grandi flussi commerciali e i tempi di stoccaggio in navi e magazzini non fanno che aumentare la magnitudo del problema.
Insomma, il rischio non è un’ipotesi accademica, al punto che c’è unanimità tra gli esperti di alimentazione umana nel classificare le tossine di derivazione fungina come rischio grave per la salute.
È interessante notare, invece (come emerge da una ricerca dell’National Research Council) che tra i consumatori i rischi da micotossine vengano percepiti all’ultimo posto, dopo quelli da residui di fitofarmaci, degli Ogm, degli additivi presenti negli alimenti e degli errori nella dieta.
E, forse proprio per questo deficit di consapevolezza del consumatore (ma così contribuendo a mantenerlo) la copertura mediatica sulle micotossine è senza dubbio di gran lunga inferiore a quella legata alle “nefandezze” di agricoltura e allevamento in termini di distruzione di risorse, sprechi e via dissipando.
Forse perché il tema micotossine porta alla luce un dato che è diventato politicamente assai poco corretto: la natura non è buona a prescindere. La Madre Terra può talvolta rivelarsi matrigna e riservare brutte sorprese. Come le micotossine: un perfetto esempio di produzione biologica.
Senza equilibrio, senza affrontare la realtà per quella che è (e non per schemi ideologici) si rischia di andare a sbattere.
Anche nell’alimentazione.