“Nessun luogo è lontano” è un romanzo di Richard Bach, scrittore sicuramente più noto come autore de “Il gabbiano Jonathan Livingstone”. “Nessun luogo è lontano” è un bel titolo, che dice molto su quello che può essere raggiunto, malgrado difficoltà e distanze possano a volte fare pensare l’impresa difficile o impossibile.
Molto più adattabile ai nostri usi e costumi sarebbe però una versione leggermente modificata: “Nessun luogo comune è lontano”. Infatti non c’è luogo che sia sufficientemente lontano da essere al riparo dal luogo comune. Anche in agricoltura, anche in zootecnia, eccome.
Luoghi comuni che sono come una bella coperta messa a mascherare i problemi reali. Per dire. Molto più facile stare a inseguire la muta dei luoghi comuni sulle colpe di nemici potenti e lontani che provocano la volatilità dei mercati e gli sbalzi di prezzi e costi (che ci sono, ci mancherebbe) piuttosto che fare una seria autocritica sulla filiera del proprio lavoro, per vedere se magari il vero nemico, quello che rosicchia più redditività con costi superiori al necessario, non siamo proprio noi stessi, così rigidi nel riproporre schemi e modalità di lavoro ereditati dal passato e riproposti di anno in anno senza porsi il dubbio che ci possa essere qualche cosa da modificare.
Chi conosce realmente i propri costi, suddivisi per ogni segmento produttivo? Chi sa dove avrà il maggiore ritorno l’eventuale investimento fatto in azienda? Chi ha idea dell’efficienza della razione adottata in termini di litri di latte prodotto e non in semplice costo giornaliero? Chi ha un’idea reale non tabellare dei contenuti nutrizionali dei componenti della razione che finiscono nel carro? Chi potrebbe dire che i tassi di fertilità della propria mandria non possono essere migliorati perché già eccellenti? Chi, analogamente, potrebbe giurare che meno di quanto spende per farmaci non è possibile fare? Chi ha già fatto tutto quanto è in suo potere per creare realmente un ambiente che offra il massimo benessere alla mandria? Chi ha un percorso di formazione e miglioramento professionale regolare, basato sul rapporto con tecnici competenti e non solo sulla chiacchiera legata alla vendita di questo o quel prodotto? E via così, l’elenco è lungo. E anche un po’ antipatico perché ogni domanda mette in discussione, oltre al nostro lavoro anche un po’ del nostro orgoglio.
Attenzione, questo vale per chi lavora nella stalla, ma anche per tutto quel mondo di rappresentanza, assistenza, consulenza (giornali compresi) che orbita, più o meno regolarmente, attorno alle stalle.
Non di rado è molto più facile e rassicurante planare sul luogo comune: “Certo, c’è questo e quello che non va in azienda, ma la vera colpa è delle quote latte, è dell’Europa, è dei mercati, è delle contraffazioni alimentari…” Aggiungiamoci il buco dell’ozono, le scie chimiche e la fine delle mezze stagioni e il campionario di luoghi comuni è completo. E aiuta così bene a spostare l’analisi verso un più indefinito nemico esterno.
Tanto esterno e lontano da non mettere in discussione quello che invece è tanto interno e vicino.