Non sono tempi belli per una materia prima. Soprattutto quando si è liquidi e i quantitativi sul mercato possono aumentare o diminuire con una certa facilità.
Che si sia bianchi o neri, latte o petrolio, il senso non cambia.
Entrambe le situazioni hanno in comune almeno un elemento: l’eccesso di produzione che ha inondato il mercato, in una fase di contrazione dei consumi e di rallentamento della domanda.
Inevitabile il calo dei prezzi, che per il petrolio è stato un vero e proprio crollo, ma anche per il latte c’è poco da stare allegri. Per le stalle come per i pozzi, abbassare la produzione dalla sera alla mattina non è così facile e nemmeno desiderabile da tutti.
In particolare laddove sono stati fatti investimenti negli anni passati per spingere al massimo. Così, in tante situazioni – che si produca il liquido bianco o nero – c’è spesso l’obbligo di continuare a produrre, almeno per limitare i danni, aggravando ulteriormente il problema dell’eccedenza sul mercato e della pressione al ribasso dei prezzi.
Certo, forse è più facile abbassare la produzione di latte in certe aree vocate (dove basta spingere meno l’alimentazione) che ridurre l’estrazione da impianti che sono costati parecchio e la cui chiusura sarebbe un disastro finanziario.
La falce dei prezzi bassi sta però facendo in campo petrolifero quello che già da tempo ha fatto nel settore del latte: miete senza misericordia aziende fuori mercato.
È la triste sorte dell’essere materia prima: da un lato i costi per produrla ci sono, e non si possono comprimere che fino a un certo punto. Dall’altro c’è un prezzo che va sull’ottovolante ed è spinto – in questa congiuntura verso il basso estremo – da una quantità di fattori che chi produce non può controllare.
Non ci riesce l’Opec per il petrolio, figuriamoci il singolo allevatore per il latte che produce.
Il limite è proprio nell’essere solo produttori di materia prima. Bisogna diventare sempre di più produttori di materia prima, ma anche di tecnologia applicata alla sua trasformazione, vendendo poi il pacchetto completo.
Certo non può farlo la singola stalla, ma tante stalle insieme sì.
E, soprattutto, non si deve pensare al latte solo come una materia prima per fare alimenti. O, meglio. Non solo.
Il latte è un universo di molecole da scoprire e valorizzare in mille campi. Quello della nutrizione, della nutraceutica, degli alimenti funzionali, ovviamente, ma anche di settori come la cosmetica, le bioplastiche e chissà che altro ancora che aspetta solo di essere scoperto, brevettato e valorizzato.
Anche qui non può essere il singolo allevatore a farlo, ma tanti allevatori associati possono certamente decidere di investire qualche soldo e percorrere vie di sviluppo della ricerca su filoni innovativi.
Non basta più essere una materia prima per vivere felici.