Come spesso si dice (in verità non così spesso, ma ciò non toglie che sia così) non ha molto senso parlare di zootecnia da latte come fosse una entità unica, omogenea, uniforme.
Questo perché di zootecnie da latte ce ne sono svariate, in base al tipo di utilizzo del latte prodotto, ad esempio, o per le vie particolari che, magari in nicchia, stanno però assumendo un significato interessante e raccolgono esperienze di valore.
Ad esempio la pratica del pascolo, con le sue varie declinazioni. E una di queste declinazioni è quella che vede l’abbinamento tra pascolo e concentrato, distribuito a livello individuale mediante autoalimentatori. Un’opzione intrigante a cui si è accennato in un convegno a Fieragricola, dedicato all’automazione e al precision feeding,
Magari qualche purista può accigliarsi, ma combinare pascolo e autoalimentatore ha il suo fascino. Significa sollevare il cotico erboso dal “dovere” coprire ogni fabbisogno e poter immaginare di dare alla bovina una razione in grado di sostenere produzioni interessanti.
Il tutto, si badi, senza scalfire il significato profondo del pascolo, in termini di sostanza, di prodotto, di immagine.
Ovviamente, e questo è stato sottolineato, ci sono aspetti da tenere in attenta considerazione.
È importante la gestione del cotico e la conoscenza precisa delle essenze e del loro valore nutrizionale nelle varie fasi, il carico animale, il movimento che fanno gli animali, l’effetto combinato di temperature e umidità.
Dato che la frazione di concentrato va ad aggiungersi a una data base alimentare costituita dall’erba, quella base va conosciuta meglio possibile.
Accanto all’erba poi, come si diceva, può starci bene l’autoalimentatore. Un matrimonio che potrebbe anche funzionare.