Una alternanza di eventi atmosferici negativi (gelate, nevicate, inondazioni, siccità) che hanno colpito le aree più vocate alla produzione di latte e poi il taglio del 15% dei prezzi pagati per il latte agli allevatori da parte delle maggiori compagnie.
Decisamente un momentaccio per la zootecnia da latte australiana che rischia di chiudere la stagione con un brusco calo di produzzione.
Potete trovare tutti i numeri del caso qui.
Della caduta della produzione australiana parla anche una nota dell’analista di Rabobank Michael Harvey (che potete visionare qui).
La combinazione di eventi atmosferici avversi e difficoltà per i bassi prezzi pagati ai produttori potrebbero spingere giù del 7-10% la la produzione nella stagione 2015/2016, spiega.
L’autore ricorda anche che una simile contrazione non si verificava dal 2002/2003 a seguito di una delle più gravi siccità nella storia del Paese, che portò a una caduta della produzione dell’8%.
Questi tonfo nella produzione australiana mette in difficoltà l’industria di trasformazione locale, ma il punto che maggiormente interessa noi è legato ai volumi di latte destinati ai circuiti commerciali mondiali.
Australia e Nuova Zelanda sono i Paesi che “pompano” la maggiore quantità di latte per il commercio mondiale (che è una minima frazione del latte prodotto a livello planetario); quella che, in esubero o in diminuzione rispetto alla domanda innesca leve di prezzo verso verso il basso o verso l’alto.
Diminuendo la produzione australiana diminuisce di conseguenza la quantità di latte a disposizione del commercio mondiale fornita da questo Paese, che si attestava a inizio stagione sui 3,5 miliardi di litri.
Un miglioramento delle condizioni meteo aiuterà a recuperare le perdite, ma difficilmente si tornerà rapidamente a ricostruire la precedente capacità produttiva del Paese, sottolinea l’analista di Rabobank.
Il rischio – dice – è che la produzione si mantenga stagnante o si restringa ulteriormente per mancanza di investimenti nelle aziende, provate da questa fase critica.
Da qui una possibile minore attenzione dell’Australia all’export, con indirizzo della produzione di latte più marcatamente rivolto verso il mercato interno.
Meno latte australiano esportato. Un altro segnale nella direzione giusta. Almeno per chi sta dall’altra parte del mondo.