Chi pensasse che produrre energia da deiezioni fosse l’ultimo tassello da aggiungere alla stalla per produrre reddito supplementare potrebbe, nei prossimi anni, essere costretto ad aggiornare le sue convinzioni.
Questo perché potrebbe essere cosa abbastanza comune in un prossimo futuro la coltivazione di microalghe.
Le microalghe hanno tutte le carte in regola per diventare una produzione chiave per nutrire uomini e animali: ricche di proteine, minerali, vitamine, oli essenziali, sostanze nutraceutiche, ambite dall’industria della nutrizione, dalla farmaceutica, dalla cosmetica, hanno anche la simpatica peculiarità di utilizzare, per crescere, ciò di cui un’azienda con impianto di biogas dispone in abbondanza: calore e azoto.
Poi ci vuole l’acqua e la luce del sole (e naturalmente una struttura idonea per la coltivazione).
Ma il disegno principale, come nei giochini enigmistici, si vede chiaramente, c’è solo da unire i puntini con un tratto di penna.
Potrebbe essere una opportunità interessante per un’azienda o per aziende associate, specialmente con l’avvicinarsi della fine degli incentivi sul biogas per i primi impianti realizzati.
Certo, non è cosa da improvvisare, ma le microalghe non sono i lombrichi o gli struzzi del passato, business farlocchi che hanno lasciato a più d’uno il cerino in mano.
Di microalghe si è parlato anche in un convegno a Rimini, nell’ambito di Ecomondo. (“La coltivazione delle microalghe: un’opportunità per l’agricoltura e per la bioeconomia”, organizzato da Confagricoltura).
“Fermo restando la risoluzione di alcune criticità che riguardano sia la fase produttiva sia quella di mercato, la coltivazione delle microalghe – ha sottolineato Ezio Veggia, presidente della Federazione nazionale di prodotto Bioeconomia, processi e prodotti innovativi di Confagricoltura – può essere una nuova valida occasione per le aziende agricole per diversificare, in modo innovativo, le produzioni”.
Dal punto di vista commerciale, nel corso del convegno, è emerso come si stia assistendo ad una crescente domanda di questo prodotto a partire dall’alimentazione umana e dalla nutraceutica, visto che apporta sostanze utili al benessere, quali omega-3, carotenoidi, vitamine, acidi grassi polinsaturi, proteine e sali minerali; le microalghe poi sono richieste in farmaceutica perché contengono sostanze antiossidanti e antibiotiche e sono utili anche in biocosmetica, mangimistica e per la produzione di biomassa per le energie rinnovabili”.
Fino ad oggi la richiesta di Spirulina (la principale microalga coltivata) è assicurata per oltre il 90% da importazioni dalla Cina, con tutto ciò che questo comporta.
Insomma: l’alga sarà anche micro, ma le prospettive sono macro.
Non sta scritto da nessuna parte che tra le eccellenze del made in Italy, oltre al bianco di latte e formaggi, non possa spiccare anche il verde della Spirulina. Ovviamente Dop.