La storia recente insegna che la ricerca di vie praticabili per accrescere la redditività del latte prodotto non si è mai fermata, ma non sempre le strade intraprese hanno mantenuto promesse e premesse.
Sicuramente il concetto chiave per recuperare valore e redditività, impedendo che scivoli a valle, è quello di chiudere al filiera il più possibile in azienda, proponendosi direttamente al consumatore finale.
Se per la caseificazione la cosa è storia antica, con più o meno brillanti risultati tra un’esperienza e l’altra, per la vendita del latte siamo ancora all’anno zero o quasi.
L’epopea dei distributori di latte automatici è stata un fuoco, se non di paglia, di legna fine, che dopo la fiammata inziale ha lasciato posto a ripensamenti, disillusioni e frequenti rimozioni delle stazioni di distribuzione, non senza perdite economiche anche importanti in qualche caso.
Tra i punti critici di questa soluzione la sicurezza igienico-sanitaria del latte, considerando che tutto poggiava (e poggia) sul latte crudo. Inutile girarci intorno: a parte una cerchia di entusiasti, molti vedono la cosa con diffidenza e un cartello che chiede di bollire prima del consumo non aiuta, senza considerare che l’eventuale bollitura casalinga ammazza microbi ma anche sapore, oltre ad essere una pratica che nessuno vuol più fare, abituato come è ad aprire una bottiglia presa al supermercato e versarsi il latte.
Mettiamoci poi il grande lavoro richiesto dalla gestione dei distributori, e si arriva al punto morto in cui questa avventura è arrivata.
Un approccio differente è invece quello proposto ufficialmente ieri da una famosissima multinazionale per un sistema automatico che fa tutto in azienda: prende il latte dal robot di mungitura, lo processa (raffreddamento, pastorizzazione) e lo imbottiglia.
Alta tecnologia, massima automazione, impianto che lavora H24 e 7/7. Non solo: dato il collegamento tra i robot di mungitura e l’impianto di trattamento-imbottigliamento si assicura la massima tracciabilità del latte.
Il flusso lento del latte permette un suo trattamento gentile, che ne preserva gusto e caratteristiche. È possibile anche indirizzare parte del latte prodotto all’imbottigliamento e la restante a un tank di stoccaggio per altre destinazioni.
Insomma, massima versatilità e possibilità di avere un latte pastorizzato e imbottigliato a livello aziendale.
Dunque, sicuramente un’ottima macchina, un ulteriore segmento intelligente di tecnologia che può trovare uno spazio importante nella stalla.
Attenzione però al dopo. È sempre il “dopo”, la commercializzazione, che pone la sfida più ardua, quella che fa la differenza e permette di recuperare margini.
Per cominciare è bene aver chiaro i punti di forza del prodotto da proporre.
Un latte imbottigliato, di altissima qualità e sapore anche grazie all’eliminazione della fase di trasporto del latte dal tank della stalla alla Centrale (faccenda che riduce anche l’impronta carbonica del litro di latte) e alle modalità di lavorazione del sistema.
Massima garanzia di tracciabilità, con possibilità addirittura di sapere a quale gruppo di vacche è riconducibile quel latte. Tutto questo apre praterie di interazione sui social con il consumatore.
Massima versatilità, con possibilità di creare latti differenziati, ad esempio una versione standard e una versione nutraceutica, dividendo la mandria in due settori (magari anche facendo differenti scelte genetiche), in uno dei quali le bovine potrebbero essere alimentate, ad esempio, per fare latte arricchito.
Questo non è un fatto di poco conto: avere più prodotti sullo scaffale aiuta sempre a vendere di più, complessivamente: 1+1+1 spesso fa 5.
C’è ovviamente da considerare il costo dell’investimento e valutare con la massima precisione possibile a chi si intende vendere il proprio latte, come, come promuoverlo, a quale prezzo, che fare dei resi.
Vendere direttamente porta a porta (abitazioni, bar, gelaterie) può essere una possibilità. Ma bisogna creare un efficace sistema di raccolta degli ordini e mettere a punto un efficiente sistema per la consegna, considerando che si maneggia un prodotto che deve rimanere a temperatura frigor.
Oppure si può studiare un accordo con una catena della distribuzione. Chiederanno un prodotto davvero differente e riconoscibile, quantità certe e regolari, tracciabilità, stalla bella da vedere e social friendly, massimo benessere animale, un marchio aziendale accattivante.
Niente di impossibile. Certo, così non si chiude la filiera in stalla, si entra nel mondo della contrattazione e dei buyer e non sarà certo una passeggiata.
Certo è, però, che tra le opzioni da considerare in un prossimo futuro, quella dell’imbottigliamento in stalla del latte prodotto diventa ora un po’ più facile e a portata di mano, anzi, di azienda.