Per qualcuno è la tempesta perfetta, per qualcun altro il cigno nero, per altri ancora una catastrofe. Poi ci sono quelli – attenzione, io qui parlo di latte, latterie, stalle e caseifici – per i quali questa pestilenza è stata una occasione incredibile per vendere e allargare la clientela a livelli impensabili.
Per altri, invece, un’occasione persa, semplicemente perché non si sono fatti trovare pronti. Potranno sempre lamentarsi, prendersela con il prezzo del latte in calo, le autocisterne al Brennero. Però sono solo piccole ragioni: la ragione più grande è stata la loro imprevidenza.
A che mi riferisco?
Alla capacità di vendere online. In un contesto come questo, quando mandrie di consumatori si riversano sul web per acquistare alimenti senza badare al prezzo, viene premiato chi ha la possibilità di vendere online e spedire in tutta Italia.
Quanti sono attrezzati per farlo? Quanti hanno un sito internet adeguato? quanti hanno una presenza social in grado di spiegare, raccontare, accogliere?
“Ahi… ahi… signora Longari“, direbbe il grande Mike: non sono tantissimi. Mi riferisco soprattutto a piccole cooperative, latterie sociali, realtà anche di nicchia che ora potrebbero allargare a dismisura la possibilità di smercio dei loro prodotti, acquisendo nuova clientela e, se capaci, mantenendola anche in futuro.
Qualcuno si è fatto trovare preparato da questo evento epocale. Qualcun altro no. Magari bellissimi siti, ma poi, alla domanda: “Vendete online?” la risposta è no, non siamo attrezzati.
Eppure non è cosa che richieda investimenti proibitivi, tutt’altro. È alla portata di tutti, non bisogna essere Batman: serve un sito ben fatto (ad esempio questo CLICCA QUI), l’organizzazione della logistica e dei pagamenti, una serie di referenze variegate e attraenti.
Roba che qualunque caseificio sociale di montagna può permettersi senza gravare troppo sui costi.
Certo, bisogna crederci.