Raccolta in due tempi del mais? Potrebbe essere una nuova, interessante declinazione foraggera.
Mai come quest’anno il clima ha messo a nudo quanto sia velleitario continuare con piani foraggeri che guardano al passato e si appoggiano su certezze – di temperature, precipitazioni e disponibilità irrigua – che potrebbero essere solo un ricordo.
Da qui la necessità di immaginare nuovi scenari e trovare vie foraggere differenti.
In tutto ciò il mais è sempre al centro del dibattito e delle valutazioni, perché da sempre è l’architrave della capacità della campagna di nutrire adeguatamente la mandria in stalla.
Ebbene, proprio il mais potrebbe fornire una diversa declinazione foraggera, più in linea con i nuovi scenari e con le necessità della mandria. Di questo e altro si è parlato in un ottimo webinar promosso recentemente dall’Arap e, sulla questione specifica, un plauso a Luciano Comino che ha trattato il tema.
Per farla breve.
Sappiamo che il mais è uno straordinario produttore di energia per la razione, con la spiga, e di fibra, con lo stocco. Nel silomais si ha l’uno e l’altro. Ma è la soluzione migliore? Forse no, perché si “diluisce” l’energia della spiga con una fibra non così ottimale per lòe esigenze delle vacche in produzione.
Da qui l’idea nuova su cui si sta lavorando e che potrebbe dare molte soddisfazioni: raccogliere separatamente spiga e stocco, e indirizzarli a gruppi di animali diversi.
Facendo con la spiga del pastone di mais, straordinario prodotto energetico, da destinare alle vacche in lattazione. E, a seguire, prima possibile, anche subito dopo, trinciando e insilando lo stocco, per avere un insilato fibroso, comunque di qualità accettabile, da destinare alla rimonta, alle asciutte o a categorie di animali in lattazione avanzata con fabbisogni energetici meno pronunciati.
Di fatto andando ad affinare il concetto di produzione foraggera mirata a gruppi specifici di animali in stalla, che hanno esigenze nutrizionali differenti.
Per le vacche in lattazione serve energia e fibra altamente digeribile, che lo stocco trinciato insieme alla spiga nel classico silomais non può dare. Meglio allora il pastone di mais, incredibile concentrato di energia per kg di sostanza secca.
Lo stocco ha una buona digeribilità, ma non paragonabile a quella ottenibile da un loglio italico o da una medica. Esse bisogno di meno acqua e quindi anche in tempi di siccità sono meno in difficoltà, sono raccolte in un’epoca anticipata, e hanno quindi fibra più adatta per le vacche in lattazione.
Al contrario laddove si usa un foraggio fibroso, come per la rimonta, lo stocco trinciato e poi insilato è un foraggio adeguato, specialmente se raccolto anticipatamente e trinciato con una quota di zuccheri ancora presente. Secondo analisi fatte paragonabile a un buon fieno.
Inoltre permette di portare a casa grandi quantità e consente una occupazione del terreno minore rispetto allo stocco fatto seccare.
Con l’insilato di stocco si va poi anche ad alleggerire la necessità aziendale di fieno, e in considerazione dei prezzi raggiunti non è cosa da poco.
Che lo stocco si possa insilare e ben conservare, dando un buon prodotto, lo dicono i tecnici che stanno studiando in pratica la cosa e coloro (pochi) che hanno iniziato a farlo e usarlo per la rimonta.
E l’inquinamento da terra, visto che si va a raccogliere e trinciare una pianat a terra per la precedente raccolta della spiga da pastone? Non significativo, con residui di ceneri – da analisi fatte sui campioni di insilati di stocco – dal 3 al 6% (contro le medie il 3-4% del silomais), e valori paragonabili a quelli di un fieno.
Raccolta in due tempi del mais, dunque, per avere due prodotti specifici: energetico, con il pastone e fibroso con lo stocco. Segnatevelo, perché è un tema che prenderà piede.